Tra gli arrestati un commercialista, un notaio e tre imprenditori

Dal notaio al commercialista, dall’imprenditore al ristoratore, ecco la ‘borghesia mafiosa’ della ‘Palermo bene’

Una vera e propria “borghesia mafiosa, composta da professionisti che collaboravano alle attività criminali della cosca di Resuttana”. La definisce così il questore di Palermo Leopoldo Laricchia che nell’identificazione di questo livello di connivenze identifica il nodo saliente dell’operazione che ha portato oggi a 18 arresti (2 ai domiciliari) nell’ambito dell’operazione denominata Resurrezione.

Il conosciuto notaio e il commercialista di grido

Tra i destinatari del provvedimento restrittivo, in qualità di indiziati, figurano alcuni insospettabili, appartenenti proprio alla così detta “zona grigia” ed espressione delle contiguità tra professionisti locali, medi e piccoli imprenditori ed esponenti, anche apicali, del sodalizio criminale investigato.

In qualità di indiziati emergono le figure di un commercialista, Giuseppe Mesia, 57 anni gravemente indiziato di associazione di stampo mafioso in qualità di consigliere economico del capo mandamento; di un notaio, Sergio Tripodo di 71 anni, sospettato di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso; di un imprenditore edile, sospettato di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso; di un imprenditore attivo nel settore della vendita di calzature, sospettato di concorso in associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso ed infine un imprenditore attivo nel settore della locale ristorazione, ritenuto gravemente indiziato di associazione di stampo mafioso.

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La reazione del Consiglio notarile

Il Consiglio notarile di Palermo e Termini Imerese, appresa la notizia della applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari a carico del notaio Sergio Tripodo, ha immediatamente richiesto all’autorità giudiziaria copia del relativo provvedimento, per dare corso agli adempimenti di legge. E’ quanto si legge in una nota del Consiglio. La legge notarile – aggiunge la nota – prevede che nei confronti del notaio che si trova agli arresti domiciliari, la Commissione regionale di disciplina applichi – su richiesta degli organi titolari dell’azione disciplinare – la sospensione cautelare obbligatoria dall’esercizio delle funzioni notarili. Il Consiglio notarile, avuta l’ufficialità della notizia, si attiverà prontamente per presentare la richiesta alla Commissione.

Il colpo al mandamento

C’è tutto questo nell’operazione che rappresenta un colpo al mandamento di Resuttana a Palermo. E’ stata eseguita su richiesta della Dda un’ordinanza di custodia cautelare, emessa gip di Palermo, nei confronti di 18 indagati (di cui 16 in carcere e 2 agli arresti domiciliari), accusati di associazione di tipo mafioso, estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, concorso in associazione di stampo mafioso, detenzione di arma comune da sparo.

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L’indagine

L’indagine, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Marzia Sabella, ha disarticolato uno dei più ricchi mandamenti del capoluogo. “Hanno una città nelle mani”, dicevano alcuni uomini d’onore intercettati, riferendosi ai vertici della cosca.

Il provvedimento restrittivo scaturisce da una complessa attività di indagine che ha consentito di definire l’organigramma della famiglia mafiosa di Resuttana.

E’ stato arrestato Salvo Genova che sarebbe a capo del mandamento, il suo luogotenente Sergio Giannusa, Benedetto Alerio, titolare di una polleria, e Giovanni Quartararo, proprietario di alcuni negozi di scarpe.

La ricostruzione

Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile e dallo Sco, hanno ricostruito l’organigramma del clan, ricostruito diversi episodi di estorsione ad attività commerciali ed imprenditoriali e accertato il controllo e la gestione dei servizi funerari presso l’ospedale di Villa Sofia di Palermo da parte della cosca.

Il racket, che cosa nostra usa per mantenere il controllo del territorio e garantirsi il sostentamento dell’organizzazione e delle famiglie dei detenuti, si svolge secondo il classico copione della “messa a posto”, consistente nell’esborso di una somma di denaro da parte della vittima da far confluire nella “baciliedda” (bacinella ndr) a disposizione della cosca, o nel recupero dei crediti vantati da soggetti vicini alla “famiglia”. La gestione del pizzo avrebbe creato anche delle fibrillazioni tra i due mandamenti confinanti, Resuttana e San Lorenzo, definite nel corso di una riunione chiarificatrice tra i rappresentanti delle due famiglie.

I sequestri preventivi di società

Oltre ai provvedimenti cautelari personali, la Squadra Mobile e la locale Sezione Investigativa dello SCO sono state delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ad eseguire il sequestro preventivo delle società Almost Food s.r.l.s. e la Gbl Food s.r.l.s. che gestiscono la nota catena di esercizi commerciali con insegna “Antica polleria Savoca”. Tale provvedimento ablatorio è suffragato dal documentato controllo da parte del sodalizio criminale delle attività economiche con forme di penetrazione tale da poter rientrare nella nozione di “impresa mafiosa”.

Secondo il Questore Leopoldo Laricchia: “L’operazione di polizia che stamani ha portato all’esecuzione di 18 misure cautelari, ha disarticolato il mandamento mafioso di Resuttana, decapitandolo del suo reggente e di altri uomini d’onore che ne costituivano figure di spicco nella gestione di sistematiche attività di estorsione ai danni di imprenditori di ogni ambito.

La borghesia mafiosa

Ma l’aspetto più rilevante consiste nell’aver portato alla luce la collaborazione alle attività criminali di professionisti,  la così detta borghesia mafiosa, che non ha esitato a mettere a disposizione le proprie competenze a vantaggio di cosa nostra. Ulteriore infiltrazione nell’economia si è realizzata mediante imprenditori della ristorazione che hanno a tutti gli effetti costituito una vera e propria impresa mafiosa insieme con il reggente del mandamento, con grave alterazione della concorrenza e della libertà di iniziativa economica.  Questa operazione purtroppo fa emergere come, contrariamente al discorso pubblico ufficiale,  una parte del mondo delle professioni e dell’impresa sia permeabile ai facili guadagni conseguiti attraverso l’utilizzo della forza intimidatrice della mafia”

 

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