La forte pioggia non ferma la marea femminista e transfemminista dell’associazione Non una di Meno. Un migliaio in corteo per le vie del centro storico hanno sfidato il maltempo a Palermo.
La Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne e di genere, appuntamento fisso da anni, è occasione per ribadire la natura strutturale e sistemica di questo fenomeno, “al contrario della narrazione corrente proveniente da governance, establishment, forze politiche conservatrici che riconducono le manifestazioni di violenza a stati emozionali momentanei (raptus di follia), che colpevolizzano la stessa persona vittima di violenza (“aveva la gonna troppo corta”), che sminuiscono il significato stesso di violenza riducendolo al solo gesto più estremo”.
“La violenza sulle donne e di genere è presente e va combattuta in tutti gli ambiti dell’esistenza: da quello familiare e delle relazioni a quello economico, politico e culturale. E’ violenza l’assenza o la penuria di servizi rivolti alle donne e alla comunità LGBTQI+, è violenza l’avanzata illegittima dell’obiezione nelle farmacie e nei consultori, è violenza un linguaggio che non tiene conto del genere e dei generi, è violenza una declinazione al maschile e alla eteronormatività dei programmi scolastici e poi sì…è ovviamente violenza il femminicidio e il transcidio che, peraltro, registrano dati sempre più allarmanti”, affermano.
Numeri alla mano, in Italia nel 2021 si sono registrati ben 97 femminicidi (prevalentemente per mano di partner o l’ex compagno), 3 sono i transcidi e, se si guarda alla nostra regione il tasso di obiezione di coscienza tra i ginecologi sfiora l’83%, il tasso di disoccupazione femminile è tra i più alti d’Italia, i centri antiviolenza sono sempre più de finanziati.
Nel corso del corteo, tra uno slogan e l’altro, vengono ricordate tutte le donne vittime di femminicidio i cui nomi sono stati registrati dalle donne dello Zen. “E’ importantissimo essere qui oggi soprattutto perché all’indomani di una fase storica che, per via delle norme atte al contrasto del contagio, ha visto noi donne e la comunità LGBTQI+, in uno stato di sempre maggior isolamento, paura e subalternità”.
La nota continua: “Ci hanno continuamente ripetuto che sarebbe andato tutto bene, ma i fatti dicono altro! Dopo due anni di pandemia, possiamo ben dire che emergenza e crisi sanitaria si sono scaricate su di noi: la pandemia ha visto aumentare i casi di femminicidio e in generale di violenza domestica, il livello di sfruttamento cui il sistema sottopone la donna in quanto lavoratrice e madre ha raggiunto l’apice. Siamo di fronte a una vera e propria strage figlia di un sistema capitalista patriarcale. Un sistema contro il quale è necessario rispondere collettivamente e a cui chiedere il conto delle costanti vessazioni esercitate”.
Tanti gli interventi che si alternano nel corso del pomeriggio come quello della comunità LGBTQIA+ in piazza Bologni e UAAR di fronte la cattedrale e che danno il segno della trasversalità e dell’eterogeneità.
“E’ necessario che le Istituzioni si facciano carico della questione e attuino misure reali per porvi rimedio. Il reddito di libertà per le donne che fuoriescono dalla violenza è indice dell’ipocrisia della politica istituzionale e le luci rosse sui palazzi del potere sono di certo scenografiche, ma non si può pensare che siano una risposta al problema! Nello specifico del nostro territorio, al governo regionale abbiamo tanto da recriminare, da tempo la comunità delle donne e delle soggettività LGBTQIA+ trovano silenzio e disinteresse laddove cercano risposte precise per i propri desideri e bisogni”
La nota continua: “Abbiamo inoltrato una lettera chiara all’assessore regionale Razza in cui chiediamo l’accesso garantito alla 194 per tuttə, contraccezione gratuita, servizi e consultorio funzionanti in ogni quartiere. Siamo ancora in attesa di una risposta! E nel frattempo non ci resta che continuare a dire a gran voce che Ci vogliamo liberə e vivə!”.