Non fu voto di scambio politico mafioso e la condanna in primo grado a 4 anni e 8 mesi è stata prescritta al sindaco di Alimena Giuseppe Scrivano. La seconda sezione della corte d’appello di Palermo, presidente Dario Gallo, giudice relatore Marcella Ferrara, ha escluso nei confronti di Scrivano il reato di voto di scambio politico mafioso per il quale Scrivano era sotto processo dal maggio 2013.
L’accusa aveva contestato al sindaco il pagamento 2.000 mila euro a soggetti di Bagheria che si erano occupati dell’affissione dei manifesti elettorali, dell’affitto di un locale adibito a comitato elettorale e dell’organizzazione di un rinfresco. Secondo le indagini dei carabinieri i coinvolti erano esponenti della famiglia mafiosa di Bagheria. Da qui l’accusa di voto di scambio politico-mafioso.
“Oggi la corte d’appello ha ritenuto – afferma l’avvocato Vincenzo Lo Re che ha difeso Scrivano – che il fatto contestato era insussistente e poteva astrattamente essere configurato come corruzione elettorale, ma ha ritenuto lo stesso prescritto da epoca antecedente alla sentenza di primo grado, revocando le statuizioni di condanna in favore dei comuni e delle associazioni costituite parte civile”.
La terza sezione del Tribunale di Palermo condannò nel novembre del 2020 il sindaco di Alimena, Giuseppe Scrivano a 4 anni e 8 mesi, con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Il sindaco in carica rieletto nel 2018 era accusato di avere comprato 50 voti a 50 euro ciascuno, alle elezioni regionali del 2012, quando si era candidato alle elezioni regionali nella Lega Nord e aveva ottenuto 4 mila preferenze.
I soldi sarebbero finiti a esponenti di spicco della cosca di Bagheria. Il tribunale ha accolto quasi del tutto le richieste del pm della Dda Francesca Mazzocco. Nelle ultime elezioni aveva ottenuto il 60,67% dei voti. Successivamente, pochi giorno dopo, il prefetto di Palermo sospese Giuseppe Scrivano dalla carica di primo cittadino di Alimena. Il provvedimento disposto dopo la sentenza di condanna.