La procura di Palermo ha chiesto una condanna a 6 anni di carcere per il ministro e segretario della Lega Matteo Salvini per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, nell’ambito del processo Open Arms in corso nell’aula bunker del Pagliarelli a Palermo.
“Il dibattimento ha dimostrato che almeno dal 14 agosto il ministro Salvini avesse l’obbligo di fornire Pos, e il diniego avvenne in totale spregio delle regole. Il diniego limitò la libertà personale di 147 persone”. Lo ha detto il pubblico ministero Marzia Sabella concludendo la requisitoria del processo Open Arms.
La richiesta della pena riguarda entrambi i reati che vengono contestati a Salvini che – come lui stesso ha dichiarato – rischiava fino a 15 anni di reclusione. “Il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo”, ha detto la procuratrice aggiunta Marzia Sabella alla fine della requisitoria.
“Il diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione – ha aggiunto Sabella – In questo processo non ci sono state le persone offese, la maggior parte di loro è irreperibile, ma non perché siano clandestina o criminale. Leggeremo a uno a uno i nomi di queste persone per ricordarle”.
“Non è un processo politico”
“Questo è un processo politico? È pacifico che qui di atto politico non c’è nulla. Sono stati compiuti atti amministrativi, il rilascio di un pos è un atto amministrativo, gli atti politici sono caratterizzati da requisiti ben precisi”. Così il pm Geri Ferrara durante la requisitoria al processo Open Arms.
“Quando Salvini diventa ministro dell’Interno – ha detto inoltre – le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos vengono spostate dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all’ufficio di gabinetto del ministro e in particolare è il ministro a decidere. Questo è l’elemento chiave”. Salvini è imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito cinque anni fa lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti, soccorsi dalla ong spagnola. Per il sostituto procuratore “c’è un principio chiave non discutibile: tra i diritti umani e la protezione della sovranità dello Stato sono i diritti umani che nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, devono prevalere”.
Salvini: “Rifarei tutto”
“Oggi a Palermo – ha detto il ministro sui social – la pubblica accusa farà le sue richieste al processo che mi vede imputato per sequestro di persona. Rischio fino a quindici anni di carcere per aver mantenuto la parola data agli elettori. Rifarei tutto: la difesa dei confini dai clandestini non è reato. Avanti tutta, senza paura”.
Le parole dell’avvocato Giulia Bongiorno
Dopo la ricostruzione del contesto normativo nazionale e sovranazionale che regola la gestione dei migranti fatta dal sostituto Geri Ferrara, l’accusa ha analizzato le varie fasi della vicenda Open Arms. La sostituta procuratrice Giorgia Righi ha ripercorso, tappa dopo tappa, la vicenda fin dall’inizio, riferendo le dichiarazioni fatte dai testimoni sentiti nelle scorse udienze e citando i documenti acquisiti agli atti nel processo.
“Nel caso Open Arms – ha detto Giulia Bongiorno, avvocato di Salvini, a margine della requisitoria -, a prescindere dalle anomalie della navigazione e dal fatto che vi fosse il rischio di terroristi a bordo, sono state adottate misure per garantire tutela e protezione dei migranti: nell’introduzione del pubblico ministero è di intuitiva evidenza che si sta procedendo a una requisitoria contro il decreto Sicurezza-bis e contro la linea politica del “prima redistribuire e poi sbarcare”, che l’intero governo Conte 1 ha portato avanti. Nel momento in cui si dice che decreti e direttive sono tutti inaccettabili si sta processando la linea politica di quel governo”.
Ong Open Arms, Camps emozionati per dedica requisitoria a persone soccorse
Sei anni di reclusione oltre alle pene accessorie questa la richiesta dei pm della Procura della Repubblica di Palermo per Matteo Salvini, imputato del processo per il caso Open Arms, in riferimento alla missione 65 della Ong che si è svolta ad agosto del 2019. “Intenzionale e consapevole spregio delle regole e diniego consapevole e volontario verso la libertà personale di 147 persone” questa la motivazione dei pm che hanno chiesto l’affermarsi della penale responsabilità dell’imputato con vincolo della continuazione tra i due reati.
“Siamo contenti di questa richiesta e ci siamo emozionati quando i pm hanno dedicato la requisitoria alle persone soccorse. – ha detto Oscar Camps, fondatore della Ong Open Arms – Quello di oggi è un importante passo di questo grande processo, sono passati 5 anni dalla missione 65 di Open Arms, condotta nell’agosto del 2019, e sono 3 anni dall’inizio del processo a carico di Matteo Salvini: il 18 ottobre ci sarà la sentenza. Quello di oggi è un giorno importante per la giustizia italiana ed europea. Il caso Open Arms è un caso particolare e unico, differente dai processi avvenuti a carico delle Ong: in questo caso fu impedito lo sbarco in Italia in modo volontario e arbitrario dal ministro e il Tar annullò il decreto di Salvini per l’ingresso (il transito e la sosta) in acque italiane. E ciò nonostante il Pos, ovvero il luogo sicuro di sbarco, fu assegnato a distanza di una settimana da quel provvedimento. Questa ultima azione fu talmente grave che la Procura dovette intervenire per far sbarcare le persone a bordo della Open Arms. È dunque un caso senza precedenti. Inoltre, nel corso del processo è stato dimostrato come le attività della nostra organizzazione furono sorvegliate dalla Marina Militare, con un sottomarino, e trasmesse al Viminale. Questi filmati, operati da un sommergibile della Marina e presi in visione durante le udienze del processo, mostrano come non ci sia stato un intervento istituzionale mirato al soccorso delle persone a bordo ma solo la volontà di filmare azioni o omissioni che potevano essere imputabili”, ha concluso Oscar Camps.
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