È trascorso oltre un anno da quando BlogSicilia ha raccolto la denuncia della storica dell’arte Silvia Mazza sul caso del parco archeologico di Segesta che, sebbene non sia mai stato istituito, si ritrova ad avere un dirigente di ‘servizio’ , proprio come quelli effettivamente istituiti della Valle dei Templi, Naxos e Selinunte. Adesso il caso esplode, dopo le dichiarazioni dell’Assessore ai Beni culturali Sebastiano Tusa di voler completare rapidamente la creazione dei parchi, a ben 18 anni dalla legge regionale che ne disciplina le modalità di istituzione, rimasta finora praticamente lettera morta. Si inizia proprio da quello di Segesta, annunciato entro luglio. E, intanto, si è già ad agosto. Siamo, quindi, tornati a sentire Silvia Mazza che ha riacceso su «Il Sicilia» i fari su questa anomalia, mentre abbiamo chiesto al dirigente generale del Dipartimento dei Beni culturali, Sergio Alessandro, quali provvedimenti si intenda prendere.
Dott.ssa Mazza, che tipo di danno avrebbe causato questa situazione del parco di Segesta, finora considerato, secondo Lei impropriamente, un «servizio»?
Ritengo che ci sia una responsabilità amministrativa-contabile su cui serve fare chiarezza, per accertare o meno se questa situazione abbia causato un danno erariale, dato che al dirigente di questo fantomatico «servizio» spetta un’indennità di posizione, in questo caso addirittura col peso massimo pari a 100, per cui il range economico, a seconda del contratto, oscilla tra i 15.494,00 euro ai 23.240,00 (come da tabella pubblicata su «Il Sicilia», ndc.). Se questa anomalia è da attribuire ad altri corsi (assessore dei Beni culturali era Carlo Vermiglio, dirigente generale del Dipartimento Gaetano Pennino) è evidente che adesso non si può più perpetrarla. È da due anni, da quel luglio 2016 a cui risale l’ultima organizzazione del Dipartimento, che Segesta viene considerato formalmente istituito, esattamente come la Valle dei Templi, Selinunte e Naxos. Da quel momento in poi, infatti, risulta inquadrato nella struttura dell’Amministrazione dei BBCC, alla stregua di questi ultimi, come un «servizio», invece che una semplice «unità operativa», come lo sono, invece, tutti gli altri parchi siciliani in via di istituzione, solo perimetrati. Questo, dicevo, comporta che il dirigente di questo «servizio» parco si trovi a godere di un trattamento economico diverso dai colleghi a capo delle unità operative.
Lei ha dichiarato che questo errore possa essere stato causato dalle «informazioni inesatte diffuse a mezzo stampa nel 2013 dall’altro ex assessore crocettiano al ramo, Mariarita Sgarlata». Cosa ritiene sia avvenuto, esattamente?
In una serie di dichiarazioni diffuse a mezzo stampa nel 2013 la Sgarlata aveva inserito Segesta tra i parchi effettivamente istituiti. È verosimile pensare che questo errore sia poi stato in seguito acriticamente acquisito al momento della nuova riorganizzazione delle strutture del Dipartimento. Il decreto del 19 aprile 2013 che si legge nell’organigramma delle strutture del Dipartimento BBCC in riferimento al parco di Segesta, non è altro, infatti, che il decreto di sola perimetrazione. Si aggiunga che in quello stesso 19 aprile 2013 l’ex assessore aveva firmato anche un altro decreto, quello per Selinunte. È probabile che si sia finito per confondere un decreto per l’altro, dato che quest’ultimo era effettivamente di istituzione. Istituzione sì, ma del parco di Selinunte, non di quello di Segesta!
Insomma, non è un caso che il primo parco da realizzare da cui intende partire l’Assessore Tusa sia quest’ultimo.
Sì, ma con tempistiche che non ritengo possano essere così immediate. Perché la legge richiede che venga acquisito il parere del Consiglio Regionale dei BBCC. Solo che quest’ultimo, insediato da Crocetta a fine legislatura, è da rinominare, dal momento che 5 componenti su 15 sono decaduti, essendo dei politici, Presidente della Regione compreso, e anche il rappresentante del Consiglio Superiore in seno al Consiglio siciliano, Giuliano Volpe, non è più in carica, ed è quindi pure lui da rinominare. D’altra parte, che senso avrebbe rinominare ora il Consiglio regionale quando il mese scorso la Giunta di Governo ha approvato un ddl inteso a farne finalmente un organo puramente tecnico, consultivo dell’Assessore BBCC, e non più del Presidente, eliminando del tutto la componente politica? E una volta ricomposto il nuovo Consiglio, che senso avrebbe pure fare un parco ancora a norma di quella stessa legge 20 del 2000, quella che disciplina l’istituzione dei parchi archeologici, per la quale è stato appena approvato dalla Giunta di Governo un altro disegno di legge di revisione, riconoscendone carenze e contraddizioni, che spiegano perché dopo tutti questi anni i parchi archeologici siciliani dotati di autonomia finanziaria e gestionale siano ancora solo i tre di cui si è detto? Ecco perché, oltre al caso Segesta, anche per gli altri parchi, con in testa quello di Siracusa, non si possono forzare le tappe. La posta in gioco è molto alta, come dimostrano i ricorsi al Tar da parte dei privati che si sentono minacciati nei loro interessi da questo strumento di tutela del territorio. E a Siracusa il decreto contro cui si ricorre è ancora solo quello di perimetrazione, irrilevante, cioè, ai fini della tutela.
Quella di Segesta non era l’unica irregolarità che ci aveva segnalato un anno fa. Ci sono altri nodi che verranno presto al pettine?
Già nel luglio del 2016 avevo dedicato su ‘Il Giornale dell’Arte’ un approfondimento sulle diverse incongruenze della riorganizzazione dipartimentale appena varata: si va da quella macroscopica per cui quello istituendo di Siracusa, uno dei più importanti parchi siciliani, per storia, patrimonio e valori paesaggistici, sia stato inquadrato nel Polo «per i siti e i musei archeologici», e non come un parco, diversamente, per esempio, dallo scenario del Polo di Enna con i Parchi archeologici della Villa del Casale e di Morgantina (anche questi in via di istituzione), a casi come quello del Castello Maniace di Siracusa, nell’occhio del ciclone per la spinosissima vicenda non ancora chiarita della caffetteria, che meriterebbe però una riflessione anche per la circostanza che lo vede restare inspiegabilmente, sempre da quel 2016, alla Soprintendenza di Siracusa, invece che transitare al Polo per i siti culturali, l’altro polo siracusano, che fa capo alla Galleria regionale Bellomo. Come spiegare, poi, che appunto a Siracusa siano stati creati due poli e uno solo, invece, a Catania, che riunisce sia i musei e i siti monumentali che i parchi archeologici di Catania e della valle dell’Aci? Potrei fare anche altri esempi, il punto è, però, che non si tratta, come per Segesta, di irrazionalità organizzative suscettibili di causare danni alle casse regionali. O, quanto meno, nel caso del Maniace, primo attrattore in quanto a numero di visitatori, dopo la Neapolis, la faccenda richiederebbe altre riflessioni, dal momento che il Polo del Bellomo, come tutti i poli, nasce proprio per «sgravare» la Soprintendenza del compito della valorizzazione, oltre al fatto che ha un gestore privato che potrebbe proporre iniziative anche per il maniero federiciano.
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