Massimo Niceta è un imprenditore. Il suo patrimonio, e quello della sua famiglia, è stato sacrificato sull’altare della legalità. Una legalità con la “l” minuscola, perchè non ha nulla a che vedere con le sacrosante battaglie di Pio La Torre.
La storia del sequestro
“Il 5 dicembre 2013 la nostra azienda di famiglia è stata messa sotto sequestro preventivo per fatti relativi a una presunta affiliazione, o appartenenza, non si è mai ben capito con la mafia. Il risultato è stato che l’azienda è stata sequestrata, sono arrivati gli amministratori giudiziari che hanno amministrato la nostra azienda e nel giro di un anno l’hanno fatta fallire. Il fallimento è costato 100 posti di lavoro persi. E’ ovvio che il danno a noi è stato il danno maggiore, ma non è il danno principale. Il danno principale è all’indotto e alla società. Quindi non è solo un problema dell’imprenditore, ma è un problema sociale”, sostiene Niceta.
Accuse archiviate ma il sequestro andrà avanti
Le accuse contro i Niceta si riveleranno infondate. “La nostra posizione è stata archiviata in sede penale, ma sulla base degli stessi identici fatti si è proceduto con una misura di prevenzione. Questo è un controsenso. Oggi il legislatore che se tu sei innocente dal punto di vista penale, potrestiessere colpevole dal punto di vista economico. E’ un controsenso pazzesco. Sul penale gli indizi devono essere gravi precisi e concordanti e le dichiarazioni dei pentiti devono essere riscontrate, sul piano delle misure di prevenzione invece no, e le dichiarazioni dei pentiti possono essere anche non riscontrate. Quindi come ci possiamo difendere? Come fa una persona a difendersi? Noi eravamo totalmente estranei da tutti i punti di vista, sia dal punto di vista penale, sia dal punto di vista economico. E’ stata fatta una perizia si è fatto una ricognizione non soltanto del nostro patrimonio ma anche del patrimonio di mio padre. A noi è stato chiesto di dare conto in ragione dei nostri soldi a partire dagli anni 60 che è una cosa se ci pensiamo folle”.
Le aziende sequestrate falliscono? “Amministratori giudiziari caricano costi insostenibili”
In Sicilia, il 90 per cento delle aziende sequestrate o confiscate per fatti di mafia, alla fine, fallisce. “Raccontiamo le cose come stanno. Le aziende falliscono? Uno, perché gli amministratori non hanno idea di come gestire un’azienda; due, perché non hanno responsabilità civile o penale diretta. Cosa ancora più grave perché i costi che loro caricano su un’azienda sono insostenibili. Se viene un amministratore che porta un consiglio di amministrazione, assume personale comincia a dare parcelle a destra e sinistra, è impossibile che un’azienda stia a galla. Questi sono i costi che loro chiamano i costi della legalità. La misura di prevenzione nasce con Pio La Torre e nessuno se lo dimentica. Ed è una cosa sacrosanta. Ma negli anni è stata piegata alla volontà di qualcun altro, alla necessità di fare soldi, alla necessità di dare parcelle incarichi e quant’altro”.






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