Un neonato è morto alla trentottesima settimana di gravidanza della madre dopo un parto cesareo d’urgenza all’ospedale Buccheri La Ferla lo scorso 5 novembre.
Ora la famiglia ha presentato denuncia ai carabinieri della stazione Scalo che ha portato la Procura ad aprire un’inchiesta al momento senza indagati. E’ quanto scrive Palermo Today.
Il pm che ha in mano il fascicolo, Ludovica D’Alessio, ha disposto l’autopsia e nominato un consulente tecnico per analizzare la cartella clinica. Dall’ospedale nessuna replica ufficiale.
La visita di controllo e il ricovero
Il 2 novembre, la coppia si è presentata al Buccheri per la visita di controllo già fissata. La ragazza, 31 anni, era seguita nel reparto di Ostetricia e Ginecologia per le gravidanze a rischio dell’ospedale di via Messina Marine perché nelle primissime settimane di gestazione aveva contratto il Citomegalovirus, un’infezione che l’ha costretta a seguire per tutta la gravidanza una terapia antivirale con un farmaco chiamato Valaciclovir. E’ durante il controllo che, misurata la pressione (più alta rispetto ai parametri), viene mandata al pronto soccorso per ulteriori accertamenti e da lì ricoverata.
La denuncia per omicidio colposo
Nella denuncia è il padre del piccolo – mentre la madre è ancora ricoverata nel reparto di ginecologia assistita da una psicoterapeuta – a raccontare la tragedia. “Data l’alterazione della pressione sanguigna – si legge – si è deciso di indurre il parto mediante l’uso del palloncino. Al mattino le toglievano il palloncino perché non era avvenuta alcuna dilatazione e le somministravano una pastiglia del farmaco Angusta, che secondo i protocolli avrebbe dovuto prendere ogni due ore. Durante un tracciato rompe le membrane, ma è comunque tutto regolare. I battiti del bambino erano a una frequenza di 148-150”.
Intorno alle 21 del 5 novembre, secondo quanto ricostruisce e mette a verbale la famiglia, qualcosa va storto. “La mia compagna veniva invitata dall’ostetrica smontante a presentarsi nella sala travaglio per un nuovo tracciato unitamente alla somministrazione della pastiglia. L’ostetrica montante invece, alla vista della mia compagna le riferiva testualmente: ‘Lei non ha la faccia da travaglio… sono 35 anni che faccio l’ostetrica’. Le somministrava dunque la pastiglia di Angusta e la faceva tornare in camera senza effettuare il tracciato. Dopo circa un’ora le riferiva di aver avuto perdite ematiche e, sempre la stessa ostetrica le rispondeva: ‘Quello non è sangue da travaglio, augurati di entrarci entro stasera”.
Il parto cesareo d’urgenza
E’ a quel punto che alla donna viene eseguito d’urgenza un taglio cesareo: il piccolo che portava in grembo nasce senza vita intorno alle 23.30. A raccontare quei drammatici momenti a è la nonna. “Mia figlia è stata seguita per tutto il periodo della gravidanza. Aveva contratto un’infezione che ha combattuto con un farmaco antivirale. Ogni 20 giorni faceva ecografie morfologiche di secondo livello e il bambino stava benissimo. Quel principio di gestosi gravidica ha allertato i medici che l’hanno prontamente ricoverata. Non hanno indotto il parto con l’ossitocina, ma con un farmaco di nuova generazione che secondo i protocolli andrebbe somministrato contestualmente a un tracciato che, nel caso dell’ultima compressa che ha assunto, non è stato fatto”.
Così il parto d’urgenza e la morte di quello che sarebbe dovuto essere il primo figlio della giovane. “Dopo un’ora dalla pillola – racconta ancora la nonna – le contrazioni erano sempre più ravvicinate. Ha partorito in sala travaglio perché non c’è stato neppure il tempo. Non si poteva più aspettare. Il mio nipotino non aveva più battito, è nato morto. Non c’è stato niente da fare. Quando mia figlia uscirà da questo ospedale, oltre alla denuncia per omicidio colposo, sporgerà anche una denuncia per violenza ostetrica. Sentivo le sue urla, il suo dolore. La responsabilità è dell’ostetrica che ha trattato tutto con superficialità. Avevamo la cameretta pronta, il corredino e i vestitini azzurri. Sarebbe stata la nostra gioia. Non voglio soldi da questo ospedale, hanno rovinato la mia famiglia. Voglio solo sapere perché non potrò abbracciare mio nipote. Mia figlia era stata operata da ragazzina per un tumore endocrino benigno al rene. Non le bastava già quello che ha avuto?”.
L’autopsia stabilirà perché è morto Noah
Adesso solo l’autopsia, che sarà fatta nei prossimi giorni, stabilirà com’è morto il piccolo. Dall’ospedale non arriva una replica ufficiale, ma da fonti interne trapela che la donna ha portato avanti una gravidanza a rischio appunto per via del Citomegalovirus. Tutto sarebbe andato per il meglio fino a un certo punto, nonostante l’amniocentesi positiva e il virus sempre in pista, poi il picco ipertensivo e il ricovero d’urgenza, l’inizio del protocollo di induzione e la non urgenza a procedere con un taglio cesareo.
In cartella sarebbe stato segnato anche che la ragazza aveva una placenta più grossa del normale, sintomo di un processo infiammatorio, e il liquido amniotico infetto, legato al virus che aveva contratto. Una condizione ad alto rischio, secondo quanto si apprende ancora, per cui il reparto di Gravidanze a rischio avrebbe fatto il possibile. Ora il corpicino del piccolo e l’esame della placenta, la “scatola nera” della gravidanza, potrebbe dare le risposte che una famiglia distrutta dal dolore si aspetta.
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