“Mio padre ha saputo guardare oltre infrangendo gli schemi, il suo metodo di lavoro ha dato un impulso di cambiamento rispetto al quale non si è tornati e non si tornerà più indietro”. Così, oggi al Palazzo di Giustizia di Palermo, Caterina Chinnici ha introdotto la presentazione della nuova edizione de “L’illegalità protetta” (Glifo), volume in cui sono riuniti alcuni dei rari scritti di Rocco Chinnici, l’artefice del pool antimafia ucciso 34 anni fa dalle cosche con un’auto-bomba in via Pipitone Federico.
Nella strage del 29 luglio 1983 persero la vita anche i carabinieri della scorta, Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, oltre a Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile dove il magistrato viveva. Tutte le vittime sono state ricordate con la deposizione di corone di fiori nel luogo dell’attentato, alla presenza delle autorità civili e militari, e con una messa presso il Comando della Legione Carabinieri Sicilia.
Poi, nella seconda parte della mattinata, la tavola rotonda dedicata a “L’illegalità protetta”. Ai testi della pubblicazione originaria, tra i quali la prefazione di Paolo Borsellino e la trascrizione dell’omelia funebre pronunciata dal Cardinale Salvatore Pappalardo, si sono aggiunti nuovi contributi firmati da Caterina e Giovanni Chinnici, figli di Rocco, dal giornalista Attilio Bolzoni, dal sociologo Antonio La Spina e dal magistrato Antonio Balsamo, oltre alla trascrizione di una videointervista Rai al magistrato realizzata da Giulio Borrelli. L’introduzione alla nuova edizione è di Donato Di Trapani, della Fondazione Rocco Chinnici.
Tra i presenti nell’aula magna “Falcone Borsellino” il presidente della Corte d’Appello Matteo Frasca, il procuratore generale Roberto Scarpinato, il capo della Procura della Repubblica Francesco Lo Voi, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette, il comandante interregionale Luigi Robusto e il comandante della Legione Sicilia Riccardo Galletta, il prefetto Antonella De Miro, il commissario dello Stato Claudio Sammartino e il questore Renato Cortese.
Di “rivoluzione metodologica e culturale realizzata da Rocco Chinnici” ha parlato Matteo Frasca: “Aveva maturato una conoscenza eccezionale delle dimensioni organizzative di Cosa nostra e della sua capacità di permeare il tessuto politico e sociale”.
“Rocco Chinnici non fu semplicemente la vittima di una setta di feroci assassini che vivevano nella città dell’ombra – ha detto Roberto Scarpinato – ma fu vittima di un sistema di potere composto da personaggi che abitavano i piani alti della città della luce e per i quali i magistrati come lui rappresentavano un corpo estraneo. Si trattò di un delitto di sistema. Chinnici aveva innovato non solo nella metodologia ma anche nell’oggetto delle indagini. I magistrati come lui non sono stati soltanto eroi della legalità ma anche eroi della democrazia, perché tentarono, riuscendoci, di trasformare in realtà quello che sembrava un astratto libro dei sogni: la Costituzione che garantiva una legge uguale per tutti”.
Per Francesco Lo Voi “il ricordo di Rocco Chinnici passa attraverso le sue stesse parole: il dovere di un magistrato è fare”. “Questa filosofia del fare – ha aggiunto – lo rende un visionario nell’accezione positiva del termine, inteso come colui che è proiettato nel futuro attraverso le azioni. Fortunatamente quel suo hobby del fare ha contagiato ampi settori della magistratura”.
“Questo momento, con la presenza delle autorità e dei molti familiari di Rocco Chinnici, di Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, dimostra che la vita comunque ha vinto – ha detto Tullio Del Sette – A nome di tutta l’Arma sono qui per rendere onore a Rocco Chinnici, precursore e maestro, e a chi nell’attentato perse la vita o rimase ferito. Le testimonianze date da giudici come Chinnici hanno aperto orizzonti, hanno dato coraggio a molti, hanno abbattuto muri”.
Parlando del volume “L’illegalità protetta”, Giovanni Chinnici ha sottolineato come “per molti anni, fino al 2013, sia stata l’unica pubblicazione disponibile su Rocco Chinnici”. “Questo – ha proseguito – dà un’idea molto chiara di come fu vissuta anche dalla nostra città quella strage. Probabilmente il lavoro di mio padre non fu compreso a sufficienza”.
“Rocco Chinnici è stato tra gli ispiratori di strumenti normativi fondamentali come l’articolo 416 bis e le misure di contrasto patrimoniale alla mafia, ma altrettanto essenziale è stata la dimensione sociale del suo impegno”, ha sottolineato Antonio La Spina.
E sulla centralità dell’articolo 416 bis si è soffermato anche Antonio Balsamo. “La norma è un prodotto storico nato dalla cristallizzazione dell’esperienza giurisprudenziale nella legge – ha spiegato – e sulla sua interpretazione si giocano il futuro e la responsabilità sociale della giustizia italiana in questo momento storico”.