In occasione del diciottesimo anniversario della strage di Nassiriya, si è tenuto un momento di raccoglimento, nel cimitero di Monreale con la deposizione di un cuscino di fiori sulla tomba del vicebrigadiere Domenico Intravaia, caduto nella strage.
L’arcivescovo Michele Pennisi, accompagnato dal cappellano militare don Salvatore Falzone, ha recitato una preghiera in suffragio alla presenza del comandante provinciale di Palermo, generale di brigata Giuseppe De Liso, del comandante del gruppo di Monreale, colonnello Sebastiano Arena, del sindaco di Monreale Alberto Arcidiacono e dei familiari del caduto.
“L’anniversario della strage di Nassiriya, come accade ogni anno, rinnova il dolore di una ferita mai rimarginata, una sofferenza, però, sempre accompagnata da un grande orgoglio per l’eroico sacrificio di mio padre che, come i suoi commilitoni caduti nello stesso eccidio, era consapevole del pericolo che correva, ma non si è sottratto all’esercizio del dovere fino in fondo, fino all’estremo sacrificio”.
Con queste parole, Marco Intravaia, figlio del vicebrigadiere dei carabinieri Domenico, ricorda la strage del 12 novembre 2003, durante le commemorazioni per il diciottesimo anniversario. “Questa ricorrenza – aggiunge – ha un sapore ancora più amaro, troppo doloroso l’eco di quel che è accaduto e che sta accadendo in Afghanistan e, a volte, lo sconforto ha il sopravvento. Ma poi penso a mio padre e a tutti gli altri caduti all’estero nella lotta al terrorismo e so che, esattamente come tutti i militari attualmente impegnati nelle missioni internazionali, rifarebbero le stesse scelte, perché soltanto facendo bene il proprio dovere e servendo con fedeltà lo Stato, potremo donare un mondo e una società migliori ai nostri figli2.
“I caduti a Nassiriya, così come tutti coloro che hanno immolato la vita alla Patria, possono essere definiti eroi. – prosegue – Eroi che sono padri, figli e mariti con le loro fragilità e paure, ma che non si lasciano mai sopraffare da esse, onorando, quotidianamente, il giuramento prestato alla Repubblica”.
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