E’ morto in ospedale a Milano, in regime di detenzione, il boss di Cosa Nostra Benedetto Capizzi, di 79 anni. Lo riportano oggi alcuni quotidiani. Capizzi, storico esponente della ‘cupola’ doveva scontare due ergastoli ed era detenuto in regime di 41 bis nel carcere di massima sicurezza di Opera a Milano.
Durante la detenzione era emerso che l’uomo cercava di controllare dal carcere il suo mandamento, quello di Villagrazia-Santa Maria del Gesù. Si era aggravato la scorsa estate ed era stato trasferito al San Paolo di Milano. E’ stata disposta l’autopsia.
Il 16 dicembre del 2008, Capizzi e altri 94 mafiosi furono arrestati nell’operazione “Perseo”. Gli inquirenti in questo modo contrastarono una tentata ricostruzione della nuova commissione provinciale mafiosa dopo gli arresti dei boss Bernardo Provenzano, Antonio Rotolo e Salvatore Lo Piccolo nel 2006 e 2007. L’obiettivo, come ha dichiarato un mafioso, era quello di “ristabilire Cosa Nostra” nel vecchio metodo, con un unico supremo boss, un “capo dei capi”. Capizzi venne all’epoca nominato come il possibile capo della commissione. Successivamente nel 2016 sempre Capizzi finì nell’elenco degli arrestati in un altro blitz che fece scattare 62 misure cautelari.
Nell’agosto scorso è morto anche il boss Giovanni Lauria, 83 anni, ritenuto il “capo della famiglia mafiosa di Licata”. Così venne definito quando, il 2 febbraio del 2021, i carabinieri realizzarono l’operazione antimafia “Xydi”. E’ morto verosimilmente a causa di un infarto. L’anziano venne ritrovato senza vita da alcuni familiari che non riuscivano a contattarlo e si sono recati nella sua abitazione. Lauria era stato scarcerato, dopo essere stato recluso al carcere di massima sicurezza di Tolmezzo, nel marzo del 2020.
Gli vennero concessi i domiciliari, con l’applicazione del braccialetto elettronico, a causa dell’età avanzata. Lauria “vantava – avevano scritto gli inquirenti – con il super boss Giuseppe Falsone un risalente e saldissimo legale mafioso. Tanto da avergli assicurato un prezioso appoggio durante il drammatico conflitto che, negli anni 2000, l’ergastolano aveva avuto con Maurizio Di Gati (collaboratore di giustizia, ndr) per la conduzione della provincia mafiosa di Agrigento”.