“Non ci sarà nessun funerale, ne ho parlato anche con il questore. La salma sarà portata al cimitero e il cappellano, se la famiglia lo chiederà, potrà dire una preghiera e la benedizione in forma strettamente privata e d’accordo con l’autorità civile. I mafiosi sono scomunicati e il canone 1184 del codice di Diritto canonico, per evitare il pubblico scandalo dei fedeli, stabilisce che i peccatori manifesti e non pentiti devono essere privati delle esequie”. Lo spiega l’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi, in un’intervista al Corriere della Sera. Una posizione peraltro già evidenziata proprio ieri dalla Conferenza Episcopole Italiana.
“Un funerale, specie in Sicilia, ha anche una rilevanza sociale. Sarebbe come dare a Riina la patente di eroe”, afferma Pennisi. “Le nuove generazioni sono sempre più consapevoli, ma anche un mito negativo può attirare i giovani”. “Il mio timore è che adesso la sua tomba possa diventare una meta di pellegrinaggio. Che di Riina si crei un mito”, dice il monsignore. “C’è gente che viene a Corleone per visitare la casa del ‘padrino’, i luoghi della mafia. In un albergo c’erano degli americani che chiedevano di vedere le immagini della strage di Capaci. Ho sentito dire che il figlio di un mafioso organizza ‘tour’ turistici, chissà che informazioni darà”.
Per Maria Falcone, che già ieri aveva parlato in merito alla morte di Totò Riina, “è stata una cosa bellissima” e dimostra una “presa di posizione forte della Chiesa, che prosegue nell’indirizzo dato da Papa Giovanni Paolo II”. La morte del boss mafioso Salvatore Riina “lascia un’infinita scia di sangue che ha rovinato l’Italia tutta. E lascia tanti segreti che lui non ha mai voluto svelare. Lascia una mafia colpita ma sicuramente non ancora abbattuta e lascia insoluto il problema di come si riorganizzerà” ha aggiunto Maria Falcone. “Non gioisco per la morte di Totò Riina – ha poi ribadito – ma non lo perdono, perché lui non ha mai chiesto di essere perdonato”.
Riina e i grandi misteri criminali d’Italia