Il processo d’appello ai presunti responsabili per la morte di Valeria Lembo, uccisa da una dose di chemioterapia di dieci volte maggiore, rischia di far arrivare alla prescrizione il reato a causa di un procedimento che procede a rilento.
Solo due udienze in 4 mesi e ieri la terza rinviata a causa dell’astensione al lavoro degli avvocati che scioperano proprio contro la riforma della prescrizione. La Corte ieri ha comunque congelato la prescrizione che sarebbe giunta il 18 dicembre ma la prossima udienza è stata fissata per il 27 gennaio del 2020. Alla notizia dell’ennesimo rinvio è scattata la protesta della madre di Valeria.
“Ogni volta ce n’è una, capisco il diritto degli avvocati di scioperare. Ma il mio diritto di mamma chi lo comprende? – ha affermato Rosaria D’Amico, la mamma di Valeria Lembo – La prossima udienza è lontana. Potevano almeno fissare una data più recente, accelerare i tempi. Ma come si fa a temporeggiare in un processo così grave? Chiediamo maggiore rispetto per la morte di mia figlia, basta con questi ritardi. Si faccia giustizia”.
Valeria Lembo morì all’Oncologia medica del Policlinico il 29 dicembre del 2011 a causa di 90 milligrammi di medicinale chemioterapico. La giusta dose era di 9 milligrammi. Dopo due condanne in primo sia in secondo grado, i giudici della Suprema Corte a marzo avevano proceduto ad annullare e rinviare, ad altra sezione della corte d’appello, la sentenza a carico dell’allora primario del reparto di Oncologia del Policlinico, Sergio Palmeri, e quella della infermiera Clotilde Guarnaccia. Confermata la sentenza, ma solo per la responsabilità del fatto, per i medici Laura Di Noto e Alberto Bongiovanni. In appello per la Di Noto e Bongiovanni si discuterà solo la determinazione della pena.