Miriam Sylla è una delle sportive italiane più “chiaccherate” del momento. La schiacciatrice palermitana di origini ivoriane ha rilasciato un’interessante intervista a “La Gazzetta dello Sport”: “I miei nonni mii hanno cresciuta a pane e zabaione. Sono andata in Sicilia tutte le estati fino ai 14 anni, tornavo ingrassata di dieci chili, nonna Maria mi faceva mangiare di tutto”.
Miriam racconta anche di come sia nato l’amore per la pallavolo: “Mia cugina mi chiese di accompagnarla agli allenamenti di pallavolo, mi chiesero di provare perché mi vedevano alta. Da piccola volevo fare la ballerina classica, ma non avevo il fisico: ero già molto alta e avevo anche un bel po’ di pancia. E’ uno sport dove da sola non fai niente, è una catena”.
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La pallavolo come un antidoto al razzismo: “In questo sport non etichetti una persona per dov’è nato, cos’ha fatto, i genitori. Lo vedi come un giocatore. Ha la maglia, è italiano, punto. Certo, gli episodi di razzismo capitano, ma è come uno che ti manda a quel paese in macchina. Uno stupido e basta”.
Sull’esperienza del Mondiale racconta: “C’è l’amarezza per non aver vinto, ma quando siamo atterrate in Italia ci siamo rese conto che abbiamo fatto veramente una grande cosa. Era come un film. Siamo molto contente ed emozionante. Io porto dentro tante emozioni di questa esperienza, anche le litigate”.
“Io litigo quasi con tutti, ho un carattere del cavolo! Prima di diventare amica di una persona litigo, altrimenti non è un rapporto vero – dice Sylla -. Con Paola Egonu abbiamo discusso prima del Mondiale. Mi ha detto una cosa che non avrebbe dovuto dire durante l’allenamento e in disparte siamo esplose”.
Infine c’è anche tempo per discutere l’episodio dell’acqua Uliveto, che in una foto ha “nascosto” proprio l’Egonu con una bottiglia: “Quando me l’hanno detto mi sono chiesta se avrei dovuta arrabbiarmi. E’ una pubblicità, non grido al razzismo per queste cose“.
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