Una famiglia distrutta e due minori accusati di reati gravissimi. È una vicenda agghiacciante, quella che emerge dagli atti dell’inchiesta condotta dalla Procura del tribunale per i minorenni, guidata da Claudia Caramanna. G. M., 48 anni, si sarebbe tolto la vita perché schiacciato dalle pressioni psicologiche e dalle richieste estorsive della figlia, all’epoca dei fatti sedicenne, e del fidanzato che era diciassettenne. Lo scrive il Giornale di Sicilia.

Lui oggi è maggiorenne ma risponde sempre – come la ragazzina – davanti alla giustizia minorile: entrambi sono accusati di estorsione aggravata e istigazione al suicidio in concorso e sono sottoposti a misure cautelari. In cella al Malaspina lui, in comunità a Catania lei.

La storia, che si snoda tra le strade del Villaggio Santa Rosalia e viene fuori a distanza di tempo dall’esecuzione delle misure cautelari, affiora dai dettagli contenuti nella richiesta di rinvio a giudizio. Viene tratteggiato un inquietante quadro di disagio familiare, ricatti e minacce che l’uomo avrebbe dovuto sopportare per tre mesi, fino alla drastica decisione di impiccarsi dentro casa. L’udienza preliminare è stata fissata per il 26 marzo, davanti al Gup Nicola Aiello.

Per gli inquirenti, tra dicembre del 2023 e marzo dell’anno scorso, i due ragazzi avrebbero messo in atto un piano premeditato, sfruttando il legame affettivo tra il padre e la figlia per ottenere denaro, in misure concordate di volta in volta. Il modus operandi, spietato e calcolato, sarebbe emerso dalle testimonianze ma in particolare dai messaggi che viaggiavano sugli smartphone: la baby coppia diabolica, infatti, attraverso i messaggi WhatsApp, avrebbe prospettato ripercussioni fisiche e umiliazioni nel caso in cui G. M. non avesse soddisfatto le loro richieste. Ogni pretesa era accompagnata da una minaccia: la possibilità che la figlia subisse violenze o che lui stesso venisse pubblicamente screditato come padre. Gli investigatori hanno inoltre sottolineato che il ragazzo sarebbe stato il braccio esecutivo, pronto a spalleggiare la fidanzata contro il genitore.

La ragazzina avrebbe avvisato l’uomo del fatto che, se non fossero arrivati i soldi, lei non sarebbe andata più a scuola e ciò avrebbe causato l’intervento dei servizi sociali. In altre parole «avrebbe perso una figlia». Ma, secondo l’accusa, i due avrebbero ripetutamente fatto leva soprattutto sulla sua fragilità emotiva: «Ti prendiamo a legnate» e «Ti spariamo» sono alcune delle frasi che sarebbero state rivolte all’uomo, assieme all’avvertimento che «se la sarebbe vista» con il fidanzato ma anche con il «suocero» e che lo avrebbero «calunniato, accusato di violenza sessuale e fatto arrestare» se non si fosse prodigato a soddisfare le loro esigenze.

A rendere lo scenario ancora più inquietante è stato anche un altro elemento venuto fuori dalle indagini: la giovane avrebbe rivelato di essere rimasta incinta e che si sarebbe uccisa con «il bambino che portava in grembo» se non avesse ricevuto un supporto economico adeguato da parte del padre, il quale sarebbe stato costretto a elargire diverse somme per sostenere la gravidanza. G. M., nonostante i tentativi di mantenere la situazione sotto controllo, si sarebbe però trovato in forti difficoltà economiche accumulando alla fine un livello di stress e di disperazione insostenibili che, davanti alla prospettiva di essere senza una via d’uscita, lo avrebbero portato a farla finita.

 

La tragedia ha avuto ripercussioni devastanti anche su altre persone coinvolte: tra queste la madre di G. M., indicata come parte offesa nel procedimento. I reati – se provati – potrebbero condurre a condanne significative nonostante la minore età dei due imputati. Attualmente la giovane, difesa dagli avvocati Rosa Maria Salemi e Rosalia Zarcone, è stata collocata in una comunità a Catania mentre il compagno, assistito dall’avvocato Salvatore Ferrante, è detenuto al carcere del Malaspina.