Per più di 20 anni è stato seduto sui banchi del Consiglio Comunale di Palermo, cambiando tante casacche: da Alleanza Nazionale al Mpa, da Azzurri per l’Italia al movimento Palermo 2022 che sosteneva Leoluca Orlando, fino ad approdare a Fratelli d’Italia, con una foto che lo ritrae insieme alla premier Giorgia Meloni: Mimmo Russo è finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio politico-mafioso, concorso in estorsione aggravata e concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Un’inchiesta, quella dei carabinieri e della Dda di Palermo, in cui sono confluite le dichiarazioni di una decina di pentiti e numerose intercettazioni che svelano i legami pericolosi e gli interessi illeciti dell’ex consigliere.

La triade

Insieme all’esponente di Fdi, sospeso dal partito, sono coinvolti nell’indagine anche Gregorio Marchese, figlio del killer di cosa nostra Filippo, e Achille Andò, faccendiere massone e consulente di società edilizie interessate a realizzare un centro commerciale nella borgata palermitana di Roccella. Secondo gli inquirenti, per anni l’ex consigliere avrebbe utilizzato per i propri interessi la funzione pubblica inquinando le campagne elettorali, comprando voti da cosa nostra, condizionando procedimenti amministrativi per favorire amici. In cambio dell’appoggio elettorale, Russo avrebbe promesso e procurato posti di lavoro a mafiosi e a loro familiari nei supermercati Conad o in cooperative e associazioni finanziate con fondi pubblici come la Social Trinacria Onlus. Dall’inchiesta è emerso che l’ex consigliere avrebbe messo a disposizione il proprio ufficio Caf per l’affidamento in prova ai servizi sociali di diversi condannati per mafia che, grazie al suo aiuto, sarebbero così riusciti a lasciare il carcere.

Soldi e benzina per i clan

Oltre alle assunzioni ai mafiosi Russo avrebbe dato soldi e buoni benzina ai clan per assicurarsi il consenso in quartieri come lo Zen e il Borgo Vecchio. Da presidente della Commissione Urbanistica al Consiglio Comunale di Palermo si sarebbe poi messo a disposizione per soddisfare interessi di persone vicine alla mafia, dando alle cosche il controllo di concessioni, autorizzazioni e appalti. Per le comunali del 2022, in cui non riuscì a essere eletto a Palazzo delle Aquile, si sarebbe fatto promettere, con la mediazione di Marchese, un pacchetto di voti da Achille Andò. In cambio gli avrebbe assicurato che una volta eletto, si sarebbe speso per l’adozione di provvedimenti amministrativi in favore delle due società per cui lavorava, la Building Plot srl e la Building interessate a realizzare il centro commerciale a Roccella.

Gli inizi da consigliere

L’indagine avrebbe svelato anche le ingerenze che Russo esercitava nei confronti della società che gestisce l’ippodromo di Palermo, condizionandone l’operato affinché si piegasse al volere dei suoi referenti mafiosi e concorrendo con questi ultimi nella commissione di estorsioni aggravate, ai danni di liberi professionisti che avevano svolto incarichi per conto di quella realtà economico-sportiva e che sono stati costretti, con la minaccia, a rinunciare, in tutto o in parte, al loro compenso. Russo, protagonista della vita politica e amministrativa di Palermo per circa 30 anni, aveva iniziato facendo gavetta tra il 1980 ed il 1995 da consigliere della VI Circoscrizione che comprendeva Cruillas, l’ex Cep, Resuttana e San Lorenzo. Nel 1997, candidato nelle liste di Alleanza nazionale, era poi vicepresidente della stessa Circoscrizione. Nel corso degli anni ha cambiato diversi partiti, mantenendo una forte identificazione con i lavoratori ex Pip, gruppo costituito in parte da ex detenuti che ha guidato in diverse manifestazioni.

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