Il problema sui flussi migratori è da inquadrare in un’ottica razionale e senza furori ideologici. È questo il senso del convegno, organizzato da “Limes”, cui è intervenuto il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. Relatori Lucio Caracciolo, direttore della rivista, Fabrizio Maronta, responsabile relazioni internazionali di Limes, il giornalista Piero Messina.
Fra i presenti, l’ex pm Giuseppe Ayala e il direttore della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso, che ha ospitato l’evento nei locali dell’oratorio di Sant’Elena e Costantino. Ha mostrato le sue installatori sui migranti l’artista Domenico Pellegrino.
“Io capisco – ha detto Miccichè, polemizzando su come il Governo nazionale gestisca alcune emergenze migratorie – che ci possano essere visioni diverse sul fenomeno, ma la cattiveria gratuita non l’accetto e mi spaventa. Ho visto molte cose brutte nella mia vita, ma la visione delle condizioni dei migranti sulle navi in cui restano bloccati per molti giorni, mi angoscia e mi fa apostrofare Salvini. Come popolo, antropologicamente, rifiutiamo il concetto di violenza nei confronti di chi ha bisogno, tanto più che molto spesso a creare lo status di rifugiati in quelle persone siamo proprio noi. Se consideriamo che i siciliani siamo 60 milioni di cui 5 sull’Isola e gli altri 55 in giro per il mondo non possiamo che comprendere il fenomeno. Poi se non ci piace questo tipo di emigrazione quello non è un problema sociale ma razzismo, forse se la guerra invece che in Libia fosse scoppiata in Svezia, Salvini avrebbe accolto i profughi biondi e con gli occhi azzurri, ma questo nulla ha a che vedere con la difesa dei confini nazionali”.
Poi è arrivata la proposta da parte del presidente dell’Ars: corsi full immersion di italiano per i bambini immigrati prima di essere inseriti in classe; iniziative strutturate da provvedimenti legislativi, non affidate alla buona volontà dei parroci o dei presidi.
I lavori del congresso hanno cercato di indagare i motivi profondi, oltre la fenomenicità della cronaca, dei flussi migratori, che non possono essere fermati ma gestiti. Dalle relazioni è emerso che nei paesi di transito si sono creati degli indotti economici intorno al passaggio dei migranti contro cui si è infranto ogni tentativo di scardinare il flusso gestito dai criminali, per le resistenze delle popolazioni che ne traggono sostentamento. Ogni approccio al fenomeno non può non tenere conto di questo tipo di realtà. Così come è chiaro che l’Italia è carente, sia dal punto di vista economico che legislativo, nei confronti dell’immigrazione legale che compenserebbe il deficit demografico con cui deve confrontarsi da quattro anni.
“La Sicilia – ha detto Caracciolo – è ormai la frontiera fra Europa e Africa, un territorio cruciale se consideriamo che gli altri “limes” altrettanto importanti sono quelli fra le due Coree e fra Usa e Messico. L’Italia dovrebbe smettere di guardare la Sicilia a distanza”.
Un cenno a parte meritano le modalità di reclutamento dei migranti da parte delle organizzazioni criminali, su cui si è soffermato Piero Messina. Sfruttando soprattutto Facebook e i crismi di ogni attività di marketing, chi gestisce i traffici continua ad eludere i controlli di polizia e magistratura chiudendo ed aprendo profili che mostrano i migranti felici per essersi imbarcati o in attesa sulla spiaggia quasi come turisti, mentre spesso si tratta di persone che finiranno per morire lungo la traversata.
I trafficanti sfruttano la disperazione di persone rimaste bloccate in Libia, molte delle quali vorrebbero ritornare nei loro paesi d’origine ma non possono.