Oggi, 8 ottobre, ricorre l’anniversario dell’assassinio di Mico Geraci, il sindacalista della Uil barbaramente ucciso sotto casa dalla mafia l’8 ottobre 1998 a Caccamo, in provincia di Palermo. Due decenni dopo, malgrado i numerosi collaboratori di giustizia nel frattempo sfilati nelle aule di giustizia – e fra questi anche l’allora boss di Caccamo, Nino Giuffrè, un ex fedelissimo di Provenzano – rimangono senza nome i sicari dell’agguato; ignoto è pure il movente del delitto, di cui fu testimone il figlio 17enne.
“Il suo coraggio sia d’esempio per i nostri giovani”.
“Il coraggio e il rispetto delle regole e della legalità siano d’esempio per i nostri giovani. La figura Mico Geraci è una speranza di cambiamento per un futuro migliore”. Lo dice Luisella Lionti, segretaria della Uil Sicilia e Area Vasta che ricorda – per il ventiquattresimo anniversario – la morte del sindacalista della Uil, assassinato dalla mafia a Caccamo. E la Lionti aggiunge: “Mico Geraci incarnava i valori della Uil. Era un uomo onesto che non è mai sceso a compromessi, nonostante le continue minacce. Si è sempre battuto per i diritti dei lavoratori senza avere paura, in un contesto difficile e pericoloso. Questo è anche l’impegno che la Uil porta avanti ogni giorno con orgoglio”.
Chi era il sindacalista ucciso dalla mafia
Impiegato regionale con un passato di militanza della Cisl, che lo aveva portato anche nell’ufficio di gabinetto dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura, passato in seguito nelle file della UIL, si affacciò al mondo politico come consigliere nel comune di Caccamo e come membro del Gabinetto. Nel 1994 divenne consigliere provinciale del Partito Popolare Italiano della Provincia di Palermo. In seguito prese la decisione di lasciare quel seggio per costruire la sua candidatura a sindaco del Comune di Caccamo. Diversi furono gli avvertimenti che la mafia gli inviò prima della sua morte, come l’auto incendiata, che fu il primo segnale.
Ucciso a fucilate davanti al figlio
Dopo due mesi dalla candidatura, all’età di 44 anni, l’8 ottobre del 1998 fu ucciso a fucilate davanti a casa sua. I killer, che erano in quattro su una Fiat Uno, l’hanno atteso poco dopo le 21 sotto casa, trucidandolo davanti al figlio Giuseppe. Geraci aveva accusato e denunciato i boss di Cosa nostra per la loro infiltrazione nel territorio di Caccamo, considerato la roccaforte dell’allora numero uno della mafia, Bernardo Provenzano e regno dell’ex superlatitante Nino Giuffrè. Nel 1993 il consiglio comunale infatti era stato sciolto per infiltrazioni mafiose.
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