Un viaggio nella luce della Sicilia. Tale appare il libro “Island of Eternal Beauties” di Michael Roberts, edito dalla Fondazione Federico II.
Nei giardini di Palazzo Reale, in mezzo a tanta gente, fra cui il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e il direttore della Fondazione Federico II Patrizia Monterosso, il volume troneggia nella sua rilegatura color glicine, quando arrivano l’autore e l’attore Rupert Everett, un vecchio amico che ne ha firmato la prefazione e, attraverso il celebre fotografo, ha appreso l’amore per la Sicilia. Non si sottraggono alle domande dei cronisti e parlano dell’amore per il cibo e il sole siciliani.
“Il posto più bello della Sicilia – non ha dubbi Roberts – è l’Etna visto dal mio balcone a Taormina. La cosa che mi affascina di più sono le persone, tutto è molto bello ma senza la gente i posti sarebbero nuda pietra. Mi colpisce molto l’orgoglio di appartenenza dei siciliani”.
Everett parla in italiano e confessa un sogno nel cassetto, fare parte del cast sul rifacimento del Gattopardo: “Ho lavorato molto in Italia, gli attori italiani sono molto bravi. Ho girato un film su Dorian Gray con napoletani molto capaci. Mi piacerebbe interpretare un ruolo nel nuovo adattamento del Gattopardo e vorrei essere il principe Salina, ma sono realista e comunque ritengo sia difficile fare meglio di Visconti”.
I due si conoscono da oltre 45 anni, da ragazzi, un’amicizia di cui fu galeotta una frase pronunciata da Roberts composta da un insieme di “Snow White” (Biancaneve) e Anna Frank. Scherzando, l’attore sostiene che la Sicilia ha ridato nuova vita all’amico e che qui sarà la sua tomba.
Di certo sono suggestivi i motivi che hanno portato Roberts, trent’anni fa, ad innamorarsi della Sicilia e da due anni ad un trasferimento definitivo a Taormina.
“Eravamo – racconta il celebre fotografo – in occasione delle vacanze di Pasqua, in Veneto. Il tempo era inclemente e decidemmo di spostarci. La destinazione fu il risultato di un gioco con le freccette che colpì, per caso, la Sicilia su una cartina geografica dell’Italia appesa al muro e, in modo particolare, Messina. Arrivati, non trovammo alberghi in città, se non a Taormina. Una volta noleggiata una macchina e guardatomi in giro ebbi la sensazione di essere già stato in quei posti e decisi che sarei ritornato. Affittai una casa per l’estate successiva e trasferii la mia attività di fotografo. I redattori delle riviste per cui lavoravo sapevano che per tre mesi mi avrebbero trovato qui”.
Il progetto editoriale presentato a Palazzo Reale è maturato durante i duri periodi del lockdown e della sua genesi ha parlato Patrizia Monterosso.
“In quei mesi di tragedie – ha detto il direttore della Fondazione – e di chiusure a singhiozzo, Roberts non voleva sentire parlare di crisi ma di rinascita attraverso l’arte, perché lui è una figura poliedrica rinascimentale.
Il libro racconta una categoria di bellezza eterna che va oltre ogni sfumatura turistica per cogliere e svelare il “genius loci”, il mistero di un posto che si offre a cittadini che vogliono essere viaggiatori. Il libro è impreziosito dalla particolare tecnica musiva di Roberts che raffigura glicini e fiori di mimosa, un fico d’india, un pesce spada e la forma della Sicilia”.
In qualità di novelli Federico II ai due amici è stata regalata una testa in fibra di mais raffigurante “lo Stupor mundi”.
Miccichè ha raccontato una sua particolare esperienza risalente ad oltre 40 anni fa e alla rivista The New Yorker per cui ha lavorato Roberts : “L’acquisto ogni volta che sono a New York. Quando nel ’78 andai per la prima volta negli Stati Uniti, sfogliandola trovai notizia del concerto di un tipo chiamato Bruce Springsteen, che ancora non era the Boss. Io non lo conoscevo, ma fui conquistato da quello che raccontavano sulla rivista. Ed è la cosa che mi è rimasta nel cuore la prima volta che sono andato negli States”.