Molto spesso viene scoperto quando è già esteso e può essere primario o secondario. E’ l’epatocarcinoma, ovvero il tumore del fegato, più diffuso in Asia, meno negli Stati Uniti e in Europa. Nel vecchio continente ha un’incidenza di 7 per 100.000 individui l’anno negli uomini e 2 per 100.000 nelle donne, pari a circa il 2% di tutti i tipi di tumore. Il trattamento e le procedure utilizzate per gli stadi più avanzati, comparando le esperienze nazionali a quelle regionali, saranno i temi principali del meeting scientifico “L’Epatocarcinoma nel 2016. nuovi approcci per la diagnosi e il trattamento” in programma venerdì 20 maggio con inizio alle 8,30 presso l’aula magna Vignola dell’Ospedale Cervello. Un appuntamento organizzato dall’Azienda Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello e dall’Associazione Cutino, con il supporto della Fondazione Cutino, nell’ambito delle iniziative del Thalassemia Day.
I lavori saranno aperti dal direttore generale dell’Azienda Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello, Gervasio Venuti e introdotti da Mario Cottone e Francesco Verderame, fra i coordinatori scientifici dell’evento, rispettivamente direttori delle Unità operativa di Medicina Interna 2 e di Oncologia Medica all’Ospedale Cervello.
Il meeting si svilupperà attraverso quattro sessioni, una delle quali sarà dedicata interamente alla Tare (Trans arterial radio embolization), ovvero la radioembolizzazione per le neoplasie epatiche. Una recente procedura di trattamento dei tumori al fegato, ormai da diversi mesi applicata a Villa Sofia-Cervello, grazie al lavoro di un’equipe multidisciplinare. La radioembolizzazione è una metodica radioterapeutica medico – nucleare e prevede l’infusione di microsfere radioattive di ittrio 90 direttamente nell’arteria epatica e nei vasi tumorali. Il tumore viene trattato in maniera mininvasiva con radiazioni mirate alle parti tumorali, l’esposizione della parte sana del fegato è limitata, riducendo così il danneggiamento dei tessuti e gli effetti collaterali sul paziente. Con la Tare si ottiene spesso una remissione parziale della malattia, con un allungamento dell’aspettativa di vita. I vantaggi di questa nuova procedura saranno illustrati oltre che da Francesco Verderame, anche da Franco Valenza radiologo interventista dell’Unità di Radiodiagnostica, da Antonio Moreci direttore dell’Unità operativa di Medicina Nucleare, da Daniele Scalisi, fisico medico, e dai medici Carlo Spreafico e Carlo Sposito dell’Istituto nazionale dei Tumori di Milano. A conclusione dei lavori, il presidente della Fondazione Cutino, Giuseppe Cutino, consegnerà il premio “Campus di ematologia Franco e Piera Cutino” ai sette medici di Villa Sofia-Cervello che compongono l’equipe che sta portando avanti la procedura della radioembolizzazione, Mario Cottone, Gennaro D’Amico, Antonio Moreci, Franco Valenza, Francesco Verderame, Roberto Virdone, Daniele Scalisi.
I tumori primari del fegato (cioè quelli nati nell’organo e non provocati da cellule staccatesi da altri tumori e migrate fino al fegato, cosiddette “metastasi”) hanno per lo più inizio dalle cellule interne dell’organo, chiamate “epatociti”. In questo caso, si parla di carcinoma epatocellulare o, più raramente, di epatoma; questi tumori tendono a diffondersi alle ossa e ai polmoni. Più spesso, tuttavia, le neoplasie che colpiscono il fegato sono secondarie, cioè derivano da tumori che nascono altrove (per esempio nel colon, nella mammella o nel polmone). Il tumore del fegato è molto grave a causa del ruolo fondamentale dell’organo e dei suoi rapporti con gli altri organi addominali. La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è molto bassa e si aggira attorno al 5%, anche perché la malattia viene molto spesso scoperta quando è già estesa, non dando alcun sintomo nelle fasi iniziali. Il tumore del fegato è complesso da curare e può essere affrontato in diversi modi e da diversi specialisti. Per questo è importante che il malato venga informato correttamente, che sia parte attiva nelle decisioni che lo riguardano, e che si rivolga a centri di provata esperienza e con ampia casistica. Gli interventi terapeutici dipendono dal numero di masse tumorali presenti, dalla loro posizione, dal loro volume e dal fatto che abbiano o meno iniziato a diffondersi anche al di fuori dell’organo; inoltre lo stato di salute del paziente gioca un ruolo molto importante nelle decisioni. In generale, gli interventi possono essere classificati in base alla gravità del tumore: 1) tumore localizzato e operabile; 2) tumore localizzato non operabile, per cui vengono previsti diverse procedure come: a) termo ablazione; b) iniezione percutanea di etanolo; c) criochirurgia o utilizzo di micro-onde; d) infusione di chemioterapici nell’arteria epatica; e) chemio-embolizzazione; f) radioembolizzazione (radioterapia miniaturizzata); g) trapianto; h) sorafenib per il tumore in stadio avanzato.
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