La grande fuga dagli ospedali è una realtà con medici e infermieri che scappano. Cosa sta succedendo? E’ un fenomeno solo siciliano o è un’onda che rischia di compromettere il sistema sanitario italiano? O addirittura europeo. C’è uno studio, anzi un progetto: si chiama Meteor e da tre anni indaga sulla percentuale di medici e infermieri che intendono lasciare il lavoro, sia lasciare un lavoro in ospedale sia addirittura lasciare la professione. Meteor è stato sviluppato per capire quali siano le ragioni che spingono dei professionisti a compiere questa scelta, con un approccio di tipo bottom up. Meteor punta a definire anche eventuali soluzioni politiche per contrastare questo fenomeno di fuga. Ne abbiamo parlato a Talk Sicilia con Domenica Matranga, responsabile del progetto.
Il progetto ha coinvolto quattro Paesi. Il capofila è l’Università di Kaufman del Belgio. L’Italia ha collaborato insieme con i Paesi Bassi e la Polonia. Meteor si è svolto in tre fasi. Nella prima – spiega Matranga “abbiamo cercato di cercare di capire quali potessero essere le determinanti, le motivazioni. Noi abbiamo seguito, ovvero siamo responsabili proprio della ricerca sul campo, quindi abbiamo intervistato circa 1400 infermieri, circa 400 medici nei quattro paesi, coinvolgendo sia ospedali universitari che ospedali non universitari”.
I risultati sono preoccupanti: “Intanto il dato complessivo dell’intenzione di lasciare l’ospedale per i medici è 1 su 5 intende lasciare l’ospedale, mentre è un infermiere a voler uscire da quella trappola che è diventata per loro l’ospedale. Il 9% dei medici intende lasciare la professione e il 13% degli infermieri intende lasciare la professione. Il nostro campione è rappresentativo della popolazione in età lavorativa. L’età media è 38 anni, quindi non è una popolazione intervistata di gente prossima alla pensione”, è l’analisi dell’esperta di statistica.
Qualche dettaglio in più arriva sui dati italiani, con il 19% dei medici vuole lasciare il suo ospedale, mentre l’8 per 100 degli infermieri vuole lasciare il suo ospedale per professione. Noi diciamo abbiamo delle percentuali più basse rispetto agli altri Paesi.
Non è soltanto un caso italiano ma, spiega chi ha realizzato il report, ” è un problema che vivono anche altri paesi europei. Il Belgio ha percentuali ancora più alte delle nostra”. Per comprendere cosa stia succedendo, l’Unione europea ha creato un cluster di progetti, che non solo cercano di indagare sui motivi della fuga, ma puntano a far luce su le tante criticità del sistema sanitario. Un faro è stato acceso anche sulla cosiddetta desertificazione medica. Fenomeno che si registra, è la tesi di Matranga, “soprattutto in quelle aree difficili dove è difficile vivere, pensiamo anche in Sicilia, all’isola di Lampedusa, piuttosto che a Pantelleria. Sono delle piccole cittadine, insomma, dove magari i medici non vogliono andare. Ma lì anche il sistema sanitario deve coprire le necessità della popolazione. Quindi sono problemi seri, problemi reali”.
I maggiori punti di debolezza del sistema provengono dagli aspetti organizzativo e si lamentano soprattutto di un carico lavorativo sproporzionato, con attribuzione degli incarichi non legato alle loro abilità, ma legato a carenze di personale all’interno di alcuni reparti.
Nel corso della puntata di Talk Sicilia è emersa anche la possibilità di un maggior utilizzo dell’AI, l’intelligenza artificiale. “Come statistico, mi interesso di intelligenza artificiale per due ragioni. La prima motivazione è quella che ha appena detto la e cioè il fatto che l’intelligenza artificiale è uno strumento che può aiutare il medico nel formulare una diagnosi o anche nel predire, nel fare prognosi rispetto allo Stato, L’evoluzione dello stato di salute di un paziente, poi, è anche uno strumento in grado di supportare il lavoro dell’infermiera a letto sul letto del paziente. Pensiamo alla robotica. Oggi la robotica è di grande aiuto perché noi possiamo utilizzare un robot in grado di monitorare, per esempio, eventuali cadute di pazienti fragili, oltre naturalmente ai parametri vitali e così via. E aiuta anche il paziente, perché il paziente cronico che deve fare una cura a lungo termine è prendere e seguire un piano terapeutico può essere supportato. Strumenti del genere, allora il mio lavoro è quello di valutare l’efficacia di questi strumenti attraverso un disegno di studio che è il mio mestiere. Quindi disegnare gli studi che dimostrano l’efficacia di questi strumenti. E poi mi interesso di intelligenza artificiale perché l’intelligenza artificiale è chiamata, fa parte di questo. Quando parlo di questo mi riferisco più che altro alle tecniche chiamate di machine learning, cioè addestramento della macchina. E poi c’è l’aspetto dei big data, che sono la frontiera per la statistica”.