Il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, è arrivato in Procura, a Palermo, per essere sentito come testimone dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo nell’ambito dell’inchiesta sulle mazzette intascate da funzionari della Regione per facilitare i progetti nelle energie rinnovabili.
L’inchiesta ha portato all’arresto del re dell’eolico Vito Nicastri, ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro, del figlio e del consulente della Lega Paolo Arata, accusati di corruzione e intestazione fittizia di beni. Nelle intercettazioni effettuate durante l’indagine, Arata diceva al figlio di Nicastri di essere stato “sponsorizzato” a Miccichè dal fratello dell’ex senatore Marcello Dell’Utri.
L’ex consulente del Carroccio si sarebbe rivolto a Miccichè per avere un contatto con Mimmo Turano, assessore regionale alle Attività produttive. Anche Turano nei prossimi giorni sarà sentito dai pm. Sulla vicenda il presidente dell’Ars ha riferito alla Commissione antimafia regionale.
E’ durato un’ora e mezza l’interrogatorio. Il nome di Miccichè, che è testimone e non indagato, emerge in quanto sarebbe stato tramite tra Arata e gli assessori all’Energia e alle Attività produttive Mimmo Turano e Alberto Pierobon. I due politici avevano un ruolo chiave nelle vicende legate ai procedimenti amministrativi che interessavano al duo Arata-Nicastri. Il presidente dell’Ars è stato compagno di partito di Arata, entrambi hanno militato in Fi, ma a chiedergli di incontrare il faccendiere sarebbe stato Alberto Dell’Utri, fratello dell’ex senatore, circostanza confermata dal teste. I pm hanno intanto voluto accertare se Miccichè sapeva che dietro gli affari di Arata c’era Nicastri, all’epoca già sospettato di legami mafiosi e destinatario di una maxi confisca. Il presidente dell’Ars ha negato, ma il figlio di Arata, Paolo, anche lui indagato per corruzione, lo ha smentito, sostenendo che fosse al corrente che Nicastri fosse coinvolto nei loro affari. A dirglielo sarebbe stato proprio Turano. Il presidente dell’Ars ha poi confermato che Arata gli chiese un appuntamento con l’assessore Pierobon, ma che la sua intermediazione fu inutile perché i due si incontrarono autonomamente. Infine, i pm hanno approfondito la vicenda della presunta convocazione da parte di Miccichè del direttore del Dipartimento regionale acqua e rifiuti Salvo Cocina che, a dire del funzionario regionale Alberto Tinnirello, anche lui indagato per corruzione, sarebbe stato considerato da Arata un ostacolo per i suoi interessi illeciti. Miccichè ha negato di averlo mai convocato ammettendo di averlo casualmente incontrato in assessorato insieme a Pierobon. Davanti ai pm c’è ora l’assessore al Territorio Salvatore Cordaro, sentito sempre come testimone.
Aveva sospettato che dietro le pressioni di Paolo Arata ci fossero interessi illeciti l’assessore regionale al Territorio Toto Cordaro. Per questo, dopo i primi contatti, aveva smesso perfino di rispondere ai suoi messaggi. Una chiusura totale ribadita oggi ai pm che lo hanno sentito come persona informata sui fatti Cordaro si sentiva assediato da Arata, che tentava di avere contatti anche con gli assessori all’Energia e alle Attività produttive Alberto Pierobon e Mimmo Turano per avere facilitazioni nella realizzazione di due impianti di energie alternative del valore di oltre 15 milioni. Secondo le indagini, Turano avrebbe saputo che dietro agli affari dell’ex consulente del Carroccio c’era Nicastri, ma si sarebbe guardato bene dal dirlo al collega di Giunta. Cordaro ha anche consegnato ai pm Paolo Guido e Gianluca De Leo i messaggi che Arata gli mandava. Al faccendiere interessava che la Commissione di valutazione di impatto ambientale, che fa capo all’assessorato al Territorio, girasse, senza esprimere un proprio parere, le pratiche che gli interessavano direttamente all’assessorato all’Energia. Invece la Commissione ritenne che gli impianti necessitassero della Via. Cordaro, a cui Arata si era presentato come il responsabile Ambiente del Centrodestra, ricevette telefonare di “segnalazione” del faccendiere anche da Gianni Letta. Ma ritenendo che dietro alle insistenze del socio di Nicastri ci fossero strane manovre, decise di non rispondergli più. La prossima settimana i magistrati sentiranno Turano e Pierobon.
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