Mazzette in cambio di uno ‘sconto’ sulle tasse comunali relative ai rifiuti.
La prima sezione della Corte d’appello di Palermo ha ridotto le pene agli imputati del processo denominato “Fintares”, in cui si ipotizzavano una serie di episodi di corruzione di impiegati del Comune di Palermo.
Come si legge sull’edizione odierna del Giornale di Sicilia, sono state comminate condanne a 6 anni e 9 mesi in tre casi, a 5 e 9 mesi in un altro, per avere chiesto mazzette in cambio di un ‘intervento’ per ridurre le tasse comunali sui rifiuti. Per gli altri sei imputati giudicati ieri la sentenza, emessa dalla prima sezione della Corte d’appello, concede sconti più alti, portando a un anno le pene per tutti: gli imprenditori coinvolti non sono più stati considerati corruttori ma solo truffatori.
Gli imputati, tra imprenditori ed impiegati comunali, sono in tutto dieci.
I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra il 2010 e il 2014: le cartelle degli imprenditori disposti a pagare la mazzetta sarebbero state modificate al computer correggendo la cifra dovuta con sconti, in alcuni casi, di centinaia di migliaia di euro.
Come si legge ancora sul Giornale di Sicilia, il titolare di un hotel che ha patteggiato la pena, avrebbe risparmiato 180mila euro di Tares, un ente religioso 62mila euro.
Ma come intervenivano gli impiegati comunali? Avrebbero ‘aggiustato’ i dati delle planimetrie di negozi e aziende, dal momento che le tasse si calcolano e pagano in base ai metri quadrati delle attività, quindi gli impiegati avrebbero ridotto digitalmente le estensioni delle attività.
I dieci imputati hanno anche ottenuto l’eliminazione delle interdizioni dei pubblici uffici, vuol dire che non verranno licenziati automaticamente ma rischiamo comunque il posto di lavoro perché verranno sottoposti a procedimento disciplinare da parte del Comune che si è costituito parte civile. Il danno subito era stato valutato in 400mila euro dai giudici del tribunale ma la Corte dei conti lo ha quantificato in due milioni.
Gli imputati che hanno avuto le pene più alte sono gli impiegati del settore Tributi Antonino Borsellino, Gaspare Tantillo e Ida Ardizzone, condannati a 12 anni in tribunale, il 30 gennaio 2017, e ieri a 6 anni e 9 mesi ciascuno. Sono gli stessi che hanno avuto il doppio processo, per episodi venuti fuori e contestati successivamente: il 9 ottobre 2019 avevano avuto per questo altri 5 anni a testa, col rito abbreviato, davanti al Gup Guglielmo Nicastro. Tantillo è nipote di Giulio, capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale. I tre sono assistiti dagli avvocati Lorenzo Bonaventura, Massimo Motisi e Ermanno Zancla.
Inferiore la pena inflitta al funzionario Cesare Pagano, che partiva dai 10 anni in primo grado e ora ne dovrà scontare invece 5 e 9 mesi. Riconosciute le attenuanti generiche nel collegio presieduto da Adriana Piras, a latere Mario Conte e il relatore Giancarlo Caruso.
Il procuratore generale Maria Grazia Puliatti aveva chiesto di ridurre le pene, sulla base delle confessioni delle persone a processo.
Gli altri imputati del processo hanno avuto una condanna di un anno ciascuno.
Sono gli imprenditori Antonino e Luigi Vernengo (difesi dagli avvocati Vincenzo Zummo e Francesco Bono), titolari della Expo Truck veicoli industriali srl; Giuseppe Vassallo (titolare della Eden Rock e della Eden Park, difeso dall’avvocato Claudio Gallina Montana), Giuseppe Carnesi, che ha un’autorimessa, Giovanni Torres, della società Elettronica Torres. In primo grado avevano avuto tutti una condanna a 4 anni e 2 mesi.
Passa da una condanna di due anni ad un anno Vittorio Ferdico, titolare di due supermercati Sigma Fd alimentari srl.
I difensori hanno già annunciato che faranno ricorso in Cassazione.