- Il maxi sequestro di supermercati all’imprenditore Carmelo Lucchese
- La storia dell’imprenditore Carmelo Lucchese
- I sindacati chiedono tutele per i quattrocento lavoratori
- “Più volte evidenziato queste storture e irregolarità”
Maxi sequestro supermercati, sindacati chiedono garanzie per lavoratori
“Il provvedimento dell’autorità giudiziaria non ci stupisce, dal canto nostro avevamo più volte denunciato irregolarità nel
lavoro, atteggiamenti equivoci nei confronti dei lavoratori e mancato rispetto di normative e contratti, indicativi di un contesto i cui la
legalità non viene tenuta in considerazione”: lo dicono Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia e Monia Cajolo, segretaria della Filcams Sicilia a proposito del sequestro di 13 supermercati a Carmelo Lucchese, accusato di essere colluso con la mafia. Mannino e Cajolo auspicano che “con l’amministrazione giudiziaria ci sia il ripristino della legalità, ma anche la salvaguardia dell’occupazione, garantendo così i 400 dipendenti con il mantenimento dell’attività commerciale sino al giudizio definitivo e dopo”.
“All’Amministratore Giudiziale a cui viene affidata la gestione della rete vendita rappresentiamo l’immediata disponibilità della FISASCAT CISL ad un incontro a tutela degli oltre 400 lavoratori impiegati nella rete vendita di Palermo e provincia. L’incontro – continua la Calabrò – è quanto mai urgente considerato che nelle scorse settimane la società, oggi in sequestro, aveva inviato comunicazione per l’avvio dell’iter per il trasferimento di ramo di azienda che avrebbe coinvolto tutte le unità produttive del gruppo. Già nel corso dell’incontro volto ad esperire l’esame congiunto, alla GAMAC avevamo contestato la procedura perchè era manchevole di informazioni necessarie per il raggiungimento di eventuali accordi. I lavoratori hanno il diritto di sapere cosa sarà del loro futuro occupazionale. Condiamo – conclude la Calabrò – di avviare con l’Amministrazione Giudiziale percorsi costruttivi nel superiore interesse delle lavoratrici e dei lavoratori e delle loro famiglie”. Così Mimma Calabrò segretario Fisascat Cisl Palermo Trapani
Maxi sequestro supermacati, l’operazione
Il provvedimento è della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo su richiesta della Procura, Direzione Distrettuale Antimafia, che ha emesso un provvedimento di sequestro patrimoniale nei confronti di Carmelo Lucchese, 55 anni, imprenditore per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro, eseguito dai finanzieri del comando provinciale di Palermo.
Nell’imponente operazione sono stati impegnati oltre 100 militari del Nucleo di polizia economico – finanziaria di Palermo che hanno cautelato un rilevante compendio aziendale, quote societarie, immobili, conti correnti, polizze assicurative e autovetture, anche di lusso.
Oggetto del sequestro è in particolare la società Gamac Group srl, con sede legale a Milano, che gestisce 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese) che, come disposto nel citato provvedimento, viene contestualmente affidata ad un amministratore giudiziario nominato dal tribunale, con il compito di garantire la continuità aziendale e mantenere i livelli occupazionali per preservare i diritti dei lavoratori, dei fornitori e della stessa utenza.
Secondo le indagini della Dda e accolta dai giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, sulla base degli accertamenti svolti dagli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, Carmelo Lucchese, pur essendo incensurato, “sarebbe da ritenere – dicono gli investigatori – un imprenditore colluso alla criminalità organizzata, posto che il medesimo, seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, ha sempre operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra”.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia
Alla base delle indagini si sono le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, nonché valorizzare in chiave unitaria le risultanze investigative raccolte in diversi procedimenti penali; tale complessa ricostruzione ha consentito di evidenziare strutturati contatti del proposto con la famiglia mafiosa di Bagheria, e far emergere i vantaggi “imprenditoriali” di cui ha potuto beneficiare nel tempo.
Alla luce delle penetranti investigazioni svolte dalle Fiamme Gialle palermitane, il Tribunale ha ritenuto ricorrenti gli elementi per ritenere il proposto un soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso, alla luce della vicinanza con esponenti di vertice della consorteria bagherese, grazie alla quale il Lucchese è riuscito a: espandersi economicamente nel settore, acquisendo, avvalendosi di interventi di “Cosa nostra”, ulteriori attività commerciali. Scoraggiare la concorrenza anche attraverso atti di danneggiamento. Risolvere controversie sorte con alcuni soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando peraltro di una dilazione nei pagamenti. Evitare il pagamento del “pizzo” nella zona di Bagheria e, grazie alla mediazione mafiosa della locale famiglia, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni palermitane di “Cosa nostra”.
In una logica di reciproco vantaggio, il proposto ha remunerato con ingenti somme gli esponenti mafiosi, assumendo anche loro familiari nei propri punti vendita, quale riconoscimento del loro determinante intervento in momenti cruciali nel percorso di espansione commerciale dell’attività imprenditoriale.
Il rifugio di Bernardo Provenzano
Inoltre, le ricostruzioni operate sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, hanno consentito agli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo di valorizzare anche la disponibilità manifestata dal Lucchese alla consorteria mafiosa di Bagheria di un appartamento per dare rifugio a Bernardo Provenzano nell’ultimo periodo della latitanza.
Infatti proprio in coincidenza temporale con i più significativi interventi del sodalizio mafioso in favore della Gamac, si è registrato una crescita esponenziale della società, che si è trasformata dall’iniziale impresa familiare in una realtà in forte sviluppo che ha incrementato costantemente il proprio volume d’affari arrivando a fatturare oltre 80 milioni di euro nel 2019. “Tenendo conto della ricostruita risalente vicinanza al sodalizio criminale, il Tribunale – aggiungono gli investigatori – ha disposto il sequestro dell’intera attività imprenditoriale svolta da Carmelo Lucchese – qualificata come impresa mafiosa – e di tutto il patrimonio nella sua disponibilità”.
Oltre al sequestro delle aziende e delle quote sociali della Gamac Group srl sono stati affidati ad un amministratore giudiziario affinché li gestisca nell’interesse della collettività: 7 immobili di cui una villa in zona Pagliarelli a Palermo; 61 rapporti bancari e 5 polizze assicurative; 16 autovetture, tra cui 2 Porsche Macan.
“L’operazione di oggi – dice il generale Antonio Quintavalle Cecere, comandante provinciale della guardia di finanza – si inserisce nell’ambito di una precisa strategia investigativa sviluppata con la Procura di Palermo, per colpire l’organizzazione mafiosa e liberare l’economia legale dalle infiltrazioni criminali, a tutela degli imprenditori che, anche in questo difficile periodo, operano nel rispetto delle regole”.
“Una delle principali direttrici nell’azione di contrasto agli interessi economico-finanziari di Cosa Nostra consiste proprio – aggiunge il colonnello Gianluca Angelini, comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria – nel ricercare, individuare e sterilizzare l’operato degli imprenditori collusi con la mafia, cioè coloro che dal rapporto illecito di reciproco interesse con la criminalità organizzata ricavano la forza per affermarsi sul mercato, alterando le regole della sana e leale concorrenza. Il messaggio deve essere chiaro: fare affari cercando o accettando l’appoggio della mafia è una scelta perdente oltre che illegale”.
La denuncia dei sindacati già anni fa
“Da anni la Uiltucs Sicilia aveva pubblicamente denunciato le irregolarità contrattuali di Gamac che applicava contratti pirata con un abbassamento illegittimo del costo del lavoro e una alterazione della concorrenza tra imprese. Il sindacato continuerà nella sua battaglia per la difesa dei diritti dei lavoratori auspicando che possano essere intensificati i controlli a tutti i livelli”. Lo afferma in una nota il segretario generale della Uiltucs Sicilia, Marianna Flauto commentando il sequestro che ha interessato l’azienda Gamac. “Avevamo più volte evidenziato queste storture e irregolarità – spiega Flauto – Conad Italia ci aveva risposto dicendo, in sostanza, che Gamac agiva in maniera autonoma. Riteniamo che gli operatori che esercitano con il marchio Conad debbano rispondere a determinate caratteristiche etiche. Tra l’altro avevamo anche denunciato come, in occasione del passaggio dei lavoratori da una società all’altra, Gamac avesse invitato i lavoratori a sottoscrivere contratti peggiorativi violando le norme e tutti i principi dell’ordinamento giuridico. Parole che avevamo messo nero su bianco diffidando la società e agendo come sempre a tutela dei lavoratori. Questa esperienza dimostra l’importanza del ruolo del sindacato ancora oggi in prima linea nella tutela dei diritti dei lavoratori e nel contrasto a ogni forma d’illegalità”.
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