Live performance di Max Ferrigno per la Fondazione Federico II a conclusione della sua personale, esposta fino a qualche giorno fa al MEC museum di Palermo. L’opera Hally Rite, che ritrae l’omonima CamGirl americana, completata dal vivo in un contesto neoclassico davanti a visitatori e appassionati.
In un contesto neoclassico, con le rappresentazioni mitologiche sulle pareti della Sala Pompeiana, si è tenuta oggi a Palazzo Reale di Palermo la performance live dell’artista Pop-Surrealista Max Ferrigno. Un contrasto voluto per il finissage, organizzato dalla Fondazione Federico II, della mostra intitolata Cam Girl, curata da Miliza Rodic ed esposta fino a qualche giorno fa al Mec, il museo palermitano dedicato al mondo del celebre brand Apple.
“La performance di Max Ferrigno a Palazzo Reale – afferma Gianfranco Miccichè, presidente della Fondazione Federico II – è il segno di un fermento nuovo che la Fondazione Federico II sta stimolando. La storia della città si fonde con la creatività di artisti innovativi e determinati. È un modello ‘aperto’ a cui miriamo e che deve rappresentare la normalità per attrarre artisti da tutto il mondo e rendere Palermo una vera metropoli d’arte. Realtà come il Mec Museum costituiscono hub culturali in grado di generare economia, perciò vanno valorizzati e inseriti in un circuito creativo inclusivo”.
“Per un giorno – ha spiegato Max Ferrigno – mi sono sentito un pittore di corte. Ho avuto modo di mostrare al pubblico quello che accade nel corso del percorso creativo. Un modo per mostrare la dedizione e la minuzia che si cela dietro il lavoro di un artista, figura che concepisco alla maniera “rinascimentale”, ricerca artistica della perfezione da esercitare ogni giorno nel proprio spazio creativo”.
“L’evento di oggi – ha detto Giuseppe Forello, fondatore del Mec Museum di Palermo – è dimostrazione di una grande lungimiranza mirata alla contaminazione e alla sinergia, tra pubblico e privato, volta ad una nuova linfa di eventi che potrà, sicuramente, raccogliere consensi su un pubblico sempre più esigente e desideroso di esperienze uniche. Onorato della grande disponibilità che la Fondazione Federico II, il suo Presidente e la sua direttrice, hanno dato a Max Ferrigno e al MEC Museum, in occasione di questa giornata di finissage di CamGirl”.
Max Ferrigno, artista piemontese ma palermitano d’adozione, è noto per il suo stile unico che è una commistione tra cinema, iconografie nipponiche ed estetica manga, per la prima volta nella collezione CamGirl ha tratto ispirazione da modelle reali, rispettandone le proporzioni anatomiche senza però abbandonare il suo inconfondibile stile.
CamGirl è una collezione mediante la quale l’artista parla al suo pubblico di quel fenomeno digitale e sociale che negli ultimi anni sta spopolando sempre più nel mondo del web. Si tratta di giovani donne che scelgono di utilizzare il web come strumento di espressione, e spesso di lavoro, dando vita a chat nelle quali si mostrano in abiti succinti o semplicemente travestite. Un fenomeno, quello delle CamGirl, che sta creando un imponente giro d’affari e che per questo è diventato oggetto e indagine da parte dell’artista.
“Già da tempo – ha spiegato Ferrigno – seguivo dei profili social di cosplayer e alt model per la realizzazione dei miei lavori ma anche per capirne alcuni concept, perché le mie icone femminili quasi sempre sono state influenzate dalle alt model, dalle cosplayer”, “Seguendo l’evoluzione di queste performer, negli ultimi anni ci si è scontrati con piattaforme che vendevano alcuni servizi d’immagine e comunicazione. Quindi ho iniziato a seguire quelle che più rispecchiavano la mia cerchia estetica, quasi da musa ispiratrice per i miei lavori”, conclude l’artista.
Figure femminili che l’artista paragona alle muse ispiratrici e protagoniste dei quadri dei grandi artisti della Secessione viennese. Così, per esempio, ispirandosi alla celebre Nuda Veritas di Gustav Klimt, Ferrigno ripropone motivi floreali e geometrie essenziali nella sua Pink Candy (una delle due CamGirl italiane presenti e scelte per questa collezione e anche l’unica con cui ha fatto un lavoro di shooting ai fini della realizzazione dell’opera). Mentre, sempre sulla scia dalla Secessione, l’iconografia della sua Sia Siberia è un chiaro omaggio a “Il peccato” di Franz Von Stuck.