La mafia cerca altre strategie e l’arresto di Matteo Messina Denaro non pone fine alla lotta a Cosa Nostra. Parole del procuratore di Palermo Maurizio De Lucia al congresso nazionale di Area Democratica per la Giustizia, la corrente progressista della magistratura riunita nel capoluogo siciliano. E si rivolge ai colleghi presenti, ma anche ai politici invitati al dibattito: la segretaria del Pd Elly Schlein, la responsabile giustizia del partito Debora Serracchiani e il leader del M5S Giuseppe Conte. “Con l’arresto del boss Matteo Messina Denaro lo Stato ha messo a segno una vittoria importante, ma la lotta alla mafia è tutt’altro che conclusa”.

Le nuove intercettazioni dopo l’arresto

“Certamente la cattura di Messina Denaro ha segnato la chiusura di un ciclo, ma nessuno deve pensare che rappresenti la fine della lotta alla mafia”, ribadisce il magistrato. De Lucia dal 16 gennaio scorso, quando è scattato il blitz che ha portato in carcere il capomafia, morto lunedì, mette in chiaro il concetto. “Dallo stesso giorno dell’arresto di Messina Denaro – spiega – abbiamo intercettato conversazioni che dimostrano come i clan abbiano cominciato a rielaborare strategie”. “Noi ci siamo, siamo più forti della mafia – ha concluso – ma dobbiamo avere la consapevolezza di quel che può accadere”.

L’importanza delle intercettazioni

Parole chiare che ribadiscono, ancora una volta, l’importanza delle intercettazioni, argomento su cui si era soffermato anche il Guardasigilli, pronto a sgomberare il campo dai timori di modifiche della normativa sulle captazioni nei casi di reati di mafia. “Non si toccano, – aveva detto Nordio -. Col procuratore nazionale antimafia stiamo anzi progettando interventi nuovi per coprire le lacune derivate dal fatto che le grosse organizzazioni criminali non comunicano con i mezzi tradizionali, ma con strumenti che non siamo in grado di intercettare perché sofisticati e molto costosi. Ed è lì che intendiamo intervenire”. Nordio è tornato anche sul tema delle riforme precisando che in ogni caso “sarebbe una eresia pensare che la magistratura possa finire sotto il controllo dell’esecutivo”. Inoltre ha sottolineato la necessità di velocizzare i tempi dei processi “la cui lentezza costa all’Italia due punti di Pil”.

Non solo criminalità organizzata

Nel lungo intervento di de Lucia non si è parlato solo di criminalità organizzata. “Il vero tema è quello delle risorse: – ha spiegato il magistrato parlando dei mali della giustizia -: ci sono 1.500 magistrati in meno. Come potrebbe mai funzionare un sistema accusatorio con questi numeri? E poi ci sono carenze nel personale amministrativo e non bastano le assunzioni perché il personale va formato”. “Altro punto importante – ha aggiunto richiamando l’importanza degli investimenti in campo tecnologico nel settore giustizia – è poi razionalizzarle le risorse. Inutile aprire tanti piccoli tribunali. Sotto un certo numero di magistrati i tribunali non funzionano. Accorpiamoli, non apriamone di altri, altrimenti faremo tante inaugurazioni ma non faremo i processi”.

Controllo indagini ai pm

De Lucia ha anche sottolineato la necessità di lasciare il controllo delle indagini e quindi della polizia giudiziaria ai pubblici ministeri. “Una polizia giudiziaria che non dipende dal pm – ha spiegato – è debole davanti all’esecutivo”. E sulla bulimia di riforme: “Sono anni che assistiamo a riforme: dall’abuso d’ufficio, alle intercettazioni, alla prescrizione ma io credo che qualunque sistema abbia bisogno di assestarsi prima di cambiare per l’ennesima volta. Serve una sorta di fermo biologico. Prima bisogna vedere se le riforme funzionano poi eventualmente fare dei cambiamenti”.

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