Matteo Messina Denaro ha vinto! Sì, nonostante sia morto ha vinto e continua a vincere. E non perché è stato latitante così a lungo. A completare la sua vittoria, anzi a rafforzarla ci sta pensando il racconto della sua latitanza.
Stiamo sbagliando la comunicazione
Questa non è una notizia ma una opinione. Diciamolo subito per evitare equivoci. Quegli equivoci sui quali troppo spesso i giornali e i giornalisti giocano per “vendere” le notizia. Ma questa non è una notizia. Solo una valutazione dei fatti e una riflessione su cosa sta accadendo ad oltre un anno dalla sua cattura ed mesi dopo la sua morte.
Una riflessione da caffè
Il pensiero è balenato ieri davanti ad un caffè. Sì, è stata proprio una riflessione da caffè come si suole dire. Commentando le notizie del giorno emerge, ancora una volta, l’esistenza di una quantità di dettagli sulla latitanza di Messina Denaro. L’ultimo dettaglio sono i suoi profili social. Su Instagram e Facebook c’era anche lui. Si chiamava Francesca Averna, medico single. Dunque, riassumendo, durante la sua latitanza, grazie a tanti favoreggiatori e a tanti soldi, Messina Denaro girava con una belle motocicletta, chattava, “abbordava” con successo. Insomma faceva la bella vita fra donne e motori, trattorie, aperitivi palestre e tramonti. E il commento dei “compagni di caffè” era inevitabile: altro che latitanza: bella vita a tutto tondo sbeffeggiando lo Stato e la così detta società civile.
Uno spot per Cosa Nostra
Ed ecco che scatta il dubbio: ma siamo sicuri che il racconto di tutti i dettagli di una latitanza dorata, da latin lover, fra donne e motori, sia quello che va fatto? O stiamo trasformando il mafioso in mito?
Certo la sua vita non si svolgeva secondo i canoni di Cosa Nostra tradizionale. L’immagine del boss latitante che si nasconde in campagna, fra casolari e masserie magari in mezzo al bestiame, è ormai tramontata. Ma la storia romanzata dalle cronache di Matteo Messina Denaro va ben oltre la trasformazione della mafia. Figli riconosciuti solo in punto di morte, amanti che diventano anche favoreggiatori, famiglia intesa in modo non convenzionale per la mafia ma quasi in modo moderno. Ma c’è il rischio concreto che nell’immaginario collettivo la bella vita di Messina Denaro diventi uno spot per Cosa Nostra.
Ecco cosa succede se sei un gran criminale: fai la bella vita e nessuno ti tocca fin quando non ti fai prendere per curarti in punto di morte. Rischia di essere questa, vera o falsa che sia, la narrazione collettiva che fa nascere un mito con il concreto rischio di emuli. E’ questo l’esempio che vogliamo dare? Forse questa società non ha bisogno di dire ai più deboli che essere un mafioso sanguinario e superlatitante non significa questo. O il messaggio che rischia di passare oggi non è proprio anti mafioso
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