C’è un male minore che nessuno vuole affrontare con coraggio. Perchè, ormai senza più regole, la gioventù è allo sbando. Scuola e famiglia sono saltate, almeno nella forma che conoscevamo, ed il risultato è questo. Massimo Russo, Sostituto procuratore del Tribunale dei Minori di Palermo e Magistrato con una lunga carriera alle spalle, lancia l’allarme sulle devianze minorili. In crescita. C’è il rischio di bruciare questa nostra gioventù? “Forse è già bruciata”, è l’amaro commento del Magistrato.
La famiglia è “saltata” e il prezzo lo pagano i minori
A Talk Sicilia, con Massimo Russo parliamo della crisi del mondo giovanile. Russo chiede di precisare: parla da cittadino e da padre prima ancora che da uomo delle istituzioni. Il suo, è un alert politicamente “scorretto”. “Sono saltate le agenzie dell’educazione – per come le abbiamo conosciute e per quelle che erano le loro funzioni principali, ovvero educazione e formazione. La famiglia è saltata, saltata già nella sua concezione, non c’è più la famiglia come la abbiamo conosciuta”.
Disagio, degrado e crollo della agenzie educative primarie
Cerchiamo di riannodare i fili della discussione. E partiamo dal principio. Dalla fotografia di quel che accade nel mondo giovanile. “C’è una grande questione di devianza minorile, c’è una questione dei minori che è la conseguenza anche di una grande questione sociale. I comportamenti dei nostri ragazzi certamente sono condizionati il più delle volte da condizioni di degrado, di disagio, di malessere”. Per Russo, “questo è generalmente un approccio di tipo sociologico, si cercano le cause di quella che è poi l’attività che criminale che svolgono i ragazzi” .
I dati della devianza minorile, della criminalità minorile, sono in crescita? La risposta del Magistrato è sì: “Sono in crescita l’uso degli stupefacenti, i reati predatori, Furti, rapina, lesioni, risse. C’è evidentemente un grande malessere dal punto di vista sociologico. Lo si riconduce sempre, appunto, a una questione sociale che deve essere affrontata. La povertà innanzitutto, il degrado di certi quartieri. Però c’è la base, a mio avviso una questione ben più profonda che è una questione la questione educativa”.
“Sono politicamente scorretto, quello spot con la bambina dice la verità”
Massimo Russo non ha paura di calpestare quello che per la narrativa dominante è un campo minato.Partiamo dalla famiglia: più e più volte Russo ribadisce, come se fosse un cruccio, quel concetto di annichilimento della famiglia tradizionale: “Non è più la famiglia come l’abbiamo conosciuta. Quella costituita da un uomo e una donna. Ci sono anche altre forme rispetto rispettabilissime, però la famiglia è cambiata, ed è cambiato il rapporto dei genitori coi figli”. Quali le conseguenze: “Facciamo subito un esempio, giusto per non essere politicamente corretti. In questo momento si discute tanto di una cosa banale, ma che banale non è: mi riferisco allo spot della catena di supermercati, che per protagonista una bambina che regala una pesca al suo papà, che non vive con lei, perché si è separato. In realtà, come dicono in tanti e senza avere un approccio ideologico, quella storia riflette il malessere del minore. E che vede la fine di quel mondo sereno della sua famiglia, la rottura dell’unità familiare e anche quello un problema. Che si riversa sui giovani, soprattutto quando i genitori non sanno gestire i loro contrasti. E quindi tutto questo diventa una miscela esplosiva, il malessere sociale, il malessere esistenziale che deriva anche da un contesto familiare molto complicato, molto difficile”.
Caporetto Scuola, “Pnrr doveva essere dedicato al mondo dell’istruzione”
Altro capitolo, altro tasto dolente: la scuola. “Non possiamo addossare la responsabilità sempre comunque agli insegnanti”, è la nota a margine del magistrato per spiegare quale sia il suo punto di vista. “Un Paese serio avrebbe investito, a mio avviso, la maggior parte del Pnrr su questa grande infrastruttura sociale, la scuola, dalle Elementari all’Università”. Secondo l’analisi dell’allievo di Paolo Borsellino, il default della scuola è un elemento, una concausa di un “malessere che prende varie varie forme. Malessere esistenziale che spinge magari i ragazzi a drogarsi. Il disagio sociale che ti porta a commettere reati predatori”.
Con la rete sono saltati i limiti, è la bomba atomica dei nostri tempi
La crisi giovanile diventa disastro con quella che Russo definisce “la vera bomba atomica del nostro secolo”. E mentre parla, prende in mano uno smartphone. L’era della connessione offre vantaggi, ma per giovani non strutturati e non formati psicologicamente e socialmente, quella rete, quegli smartphone possono diventare un pericolo: “Lo dico con una battuta sono saltati i limiti, sono saltati i limiti e questo strumento è l’espressione più alta di della possibilità di viaggiare senza limiti. Ci connette al mondo e tutto questo porta grandi benefici, ma al contempo ti fa perdere la forma mentis del limite”.
Servono dei limiti, servono delle regole
Allora che cosa bisogna fare se questa e la diagnosi? “Devo dire , onestamente che io io stesso mi ricordo quando ero ragazzo, al liceo, la devianza minorile e il disagio minorile erano già dei temi su cui riflettere. La differenza è che oggi, in questo momento, questo disagio si traduce in comportamenti che mettono in crisi i diritti degli altri”. In filigrana, dall’analisi del Magistrato, sgorga la visione di un mondo violento: “gli stupri, le violenze, l’utilizzo di sostanze stupefacenti. Noi abbiamo sdoganato l’idea che è assolutamente normale, è indifferente che ragazzino a dodici annipossa fumarsi tranquillamente lo spinello. Non solo non è normale, ma è un comportamento che pregiudica il suo assetto psicofisico”.
“Se viene a mancare il concetto della rottura dei limiti e i giovani si sentono e vivono senza limiti, non è possibile avviare un processo educativo, perchè non ci sono più le regole”. Il rispetto delle regole, secondo Russo è un altro pilastro da restaurare e recuperare. “I giovani devono avere la consapevolezza che le regole devono essere rispettate. Se violate, scattano le punizioni. Questo è l’altro grande fronte che dobbiamo aprire. Quando si tratta questo tema, c’è sempre un approccio ideologico, per me estremamente fastidioso. Non insistere sul rispetto delle regole, significa non calarsi nella realtà, non leggerla, non comprenderla. E’ facile liquidare tutto con un no alla repressione. Al governo si contesta un decreto di cui dobbiamo parlare, perché chi si iscrive in questo contesto, di aver utilizzato la clava repressiva contro i ragazzini che devono essere sempre e comunque recuperati perché sono una risorsa. Ma bisogna punire per recuperarli, perché la punizione fa parte di quel concetto educativo, del limite, del rispetto del limite. Tanto più che quando si rompono alcuni limiti, vuole dire che sono stati pregiudicato i diritti degli altri. Vuol dire che hai fatto del male agli altri oltre che a te stesso. Allora il concetto di solidarietà di comunità impone queste piccole regole. Bisogna riposizionare questi valori.
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