Approda oggi alla Camera, portando con sé uno strascico di polemiche, il tanto discusso disegno di legge sulla legalizzazione della cannabis. Il testo è stato redatto da un gruppo trasversale di oltre 200 parlamentari guidati da Benedetto Della Vedova, ex radicale entrato in Senato con Scelta civica e ora nel gruppo misto, sottosegretario agli Esteri.
Il nuovo testo prevede la coltivazione di cannabis per uso personale fino a 5 piante di sesso femminile, mentre per la detenzione il tetto massimo è di 5 grammi da portare con sé e 15 grammi da poter tenere in casa. Restano proibiti e puniti lo spaccio e il consumo. Il commercio è consentito in regime di monopolio statale per la coltivazione delle piante, preparazione e vendita al dettaglio.
Quella sulla legalizzazione della cannabis sarà dunque probabilmente l’ultima battaglia parlamentare prima della pausa estiva. Tra scontri e polemiche il ddl arriva senza mandato al relatore. Le commissioni Giustizia e Affari sociali, dove era all’esame, davanti alla presentazione di 1.700 emendamenti (1.300 di Ap) hanno preferito uno stop senza nemmeno leggerli. Le proposte di modifica torneranno tutte in Aula, anzi sembra che si arriverà addirittura a 2.000 emendamenti. Dai centristi verranno sollevate anche pregiudiziali di costituzionalità e di merito. Prima di settembre non si inizierà quindi a votare e un ricorso alla fiducia è da escludere, per ora dunque solo scintille tra le forze in campo.
Insomma, si preannuncia la bagarre come nel caso di quanto accaduto con il ddl sulle unione civili, è inevitabile che non si arrivi allo scontro con temi, come questo, che riguardano l’ambito etico. I parlamentari dunque si interrogano, con posizioni che non rispecchiano necessariamente quella del proprio schieramento partitico.
Tra gli strenui oppositori del ddl i parlamentari di Ap ma anche i cattolici del Pd.
A riassumere le posizioni dei contrari al ddl è il ministro della Salute Beatrice Lorenzin: “Alcol e droga sono una piaga. Non diciamo solo no alla liberalizzazione della cannabis, diciamo no a tutte le dipendenze: droga, alcol, gioco”. “Atteggiamento illiberale tipico di quella forza politica e del Governo”, è la replica del leader di Possibile Pippo Civati. Intanto i radicali annunciano una raccolta di firme, con un banchetto allestito davanti Montecitorio, per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare, che prevede una legalizzazione con maggiori margini di tolleranza.
Il ddl dice che “Chiunque intenda coltivare cannabis ai sensi del periodo precedente invia, allegando la copia di un documento di identità valido, una comunicazione all’ufficio regionale dei monopoli di Stato territorialmente competente, recante l’indicazione dei propri dati anagrafici e del luogo in cui intende effettuare la coltivazione”.
La detenzione sarà consentita solo ai maggiorenni nelle dosi sopra specificate ma resterà tuttavia vietato fumare prodotti derivati dalla cannabis “negli spazi pubblici o aperti al pubblico e nei luoghi di lavoro pubblici e privati”.
Lo spaccio resta un reato, è però consentita la commercializzazione della cannabis all’interno di un regime di monopolio statale per la coltivazione delle piante, preparazione e vendita al dettaglio. In pratica lo Stato potrà autorizzare soggetti privati, che si possono riunire in associazioni, i cannabis social club, a coltivare la marijuana e venderla in locali dedicati, come già avviene nei coffee shops europei, su modello di quelli olandesi.
Via libera anche all’uso curativo della cannabis, di cui rimane però vietata la propaganda pubblicitaria diretta o indiretta.
Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, disciplinerà invece “le modalità e i criteri di individuazione delle superfici agricole utilizzabili per la coltivazione della cannabis soggetta al monopolio di Stato, avendo riguardo all’esigenza di privilegiare aree economicamente depresse e, in ogni caso, escludendo la sostituzione di colture destinate all’alimentazione umana o animale”.
Un testo che lascia non poche perplessità. Come quando viene specificato che i proventi ricavati dall’attuazione delle nuove norme “sono destinati al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga”. Perché agevolare la coltivazione della droga e usare i soldi ricavati per la lotta contro questa dipendenza?
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