Un uomo chiama il servizio clienti per risolvere dei problemi di connessione. La comunicazione è difficile, la linea cade più volte. Quando finalmente riesce a stabilire un collegamento scopre di essere l’involontario protagonista di un gigantesco collasso tecnologico che ha colpito le reti telematiche.
Comincia così #Antropocene, l’opera di Marco Paolini che debutta giovedì 9 novembre alle 20.30 al Teatro Massimo (turno educational alle 11.30), e in replica venerdì 10 novembre. Una prima rappresentazione assoluta: produzione del Teatro Massimo di Palermo in collaborazione con Romaeuropa Festival e Fondazione Musica per Roma, Fondazione Teatro Regio di Torino e Teatro di San Carlo di Napoli. Uno spettacolo dedicato al rapporto con la tecnologia che vede Paolini regista, autore del testo e voce recitante, con le musiche di Mauro Montalbetti, i testi rap e la voce concertante di Frankie hi-nrg mc, direttore e violoncello solista Mario Brunello, Orchestra del Teatro Massimo.
L’uomo resta attaccato al dialogo con il suo interlocutore digitale. I due parlano come farebbero due naufraghi su una zattera, tutto cambia in fretta nel giro di una telefonata. Gli “antropòceni”, gli abitanti dell’era più cool della storia del pianeta, iniziano così, in un’escalation tragicomica, la lotta per salvare dall’estinzione non tanto se stessi quanto le cose che sono per loro più care. “Musicalmente #Antropocene – spiega Montalbetti – si articola come una sorta di Passione laica. Si intrecciano continuamente due mondi musicali separati da quasi tre secoli: la musica barocca e la musica del nostro tempo. Per quanto riguarda il periodo barocco ho deciso di rivolgere l’attenzione a uno dei più affascinanti capolavori di Johann Sebastian Bach; la Passione secondo Giovanni. Alcuni frammenti bachiani divengono materiale da plasmare, distorcere, oppure citare. Il linguaggio minimalista – presentato in maniera decisamente poco ortodossa – e il Rap sono stati scelti perché, attraverso l’utilizzo di armonie costruite sulle triadi e i numerosi principi costruttivi in comune, possano essere in grado di dialogare con la musica del passato, di coesistere, di creare cortocircuiti emotivi che sostengano e amplifichino la drammaturgia”.
Mario Brunello, violoncellista d’eccezione (suona il prezioso strumento Maggini dei primi del Seicento appartenuto a Franco Rossi), si presenta sempre più di frequente nella doppia veste di direttore e solista. Nell’ambito della musica da camera collabora con celebri artisti, tra cui Gidon Kremer, Yuri Bashmet, Martha Argerich, Andrea Lucchesini, Frank Peter Zimmermann, Isabelle Faust, Maurizio Pollini, e l’Hugo Wolf Quartet. Nella sua vita artistica riserva ampio spazio a progetti che coinvolgono forme d’arte e saperi diversi (teatro, letteratura, filosofia, scienza), integrandoli con il repertorio tradizionale. Interagisce con artisti di altra estrazione culturale, quali Uri Caine, Paolo Fresu, Marco Paolini, Stefano Benni, Moni Ovadia e Vinicio Capossela. Attraverso nuovi canali di comunicazione cerca di avvicinare il pubblico a un’idea diversa e multiforme del far musica, creando spettacoli interattivi che nascono in gran parte nello spazio Antiruggine, un’ex-officina ristrutturata, luogo ideale per la sperimentazione.
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