Cosa Nostra che rafforza il potere economico entrando in “commesse pubbliche”, finanziate con stanziamenti del Pnrr, da decine di milioni di euro, dalla Sicilia alla Calabria fino in Lombardia. Poi, i tentativi di infiltrarsi in grandi opere in realizzazione, come gli appalti per le Olimpiadi invernali di Milano Cortina, o nella «più grossa infrastruttura in corso di progettazione», il Ponte sullo Stretto. E tra le opere finite nell’inchiesta c’è anche il depuratore di Acqua dei Corsari, a Palermo.
È lo scenario inquietante che viene descritto negli atti della nuova inchiesta della Dda di Milano, guidata dal procuratore Marcello Viola e dall’aggiunto Alessandra Dolci, che ha portato in carcere gli imprenditori Francesco Scirocco e Giovanni Bontempo, legati al clan mafioso dei Barcellonesi, accusati di intestazione fittizia aggravata dall’aver agevolato Cosa Nostra. E a sequestri per 5 milioni, tra cui una villa a Pietrasanta (Lucca).
L’indagine
L’indagine, condotta dalla Dia e dal Gico della guardia di finanza e coordinata dal pm Silvia Bonardi, si è sviluppata a partire da intercettazioni dell’inchiesta che due anni fa aveva portato all’arresto di un altro imprenditore edile e presunto affiliato alla ‘ndrangheta. E dai verbali di due pentiti, che hanno parlato delle mani delle mafie sugli appalti pubblici. Tirando le fila gli investigatori hanno ricostruito che Scirocco, 59 anni, residente nel Messinese e già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, e Giovanni Bontempo, 46 anni, nato a Messina e residente a Milano e con sequestri di società alle spalle, avrebbero gestito in giro per l’Italia numerosi lavori «usando la società Infrastrutture M&B», con sede a Milano, e subappaltando.
Si va da una gara da 40 milioni «bandita da Anas» per la manutenzione delle strade a Catania, finanziata con fondi del Pnrr, aggiudicata nel 2021 ad un’associazione temporanea di imprese composta da Ricciardello Costruzioni e Infrastrutture M&B, ad un’altra sull’impianto di depurazione di Acqua dei Corsari, a Palermo, da quasi 21 milioni. E qui Scirocco, si legge negli atti, avrebbe sfruttato i «rapporti privilegiati con il management» della Costruzioni Dondi.
Il depuratore
Il raddoppio del depuratore di Acqua dei Corsari, si legge nel sito dell’ufficio del commissario unico per la depurazione, che opera presso il ministero dell’Ambiente, è la più importante delle opere previste a Palermo in campo fognario-depurativo. In un resoconto di due anni fa si legge che la Struttura, guidata dal commissario Unico per la depurazione Maurizio Giugni, «ha disposto la consegna definitiva dei lavori alla ditta affidataria, che potrà così ora realizzare un impianto da 880 mila abitanti equivalenti, capace di coprire il territorio di Palermo, di Altofonte, Ficarazzi, Villabate e della frazione di Portella di Mare del comune di Misilmeri». L’intervento, prosegue il sito dell’ufficio del commissario, è stato affidato alla Dondi Costruzioni SpA e «può dunque ora essere realizzato secondo il progetto, per 648 giorni naturali e consecutivi di lavori».
L’inchiesta
Nell’inchiesta si parla anche della costruzione di un asilo nido, sempre finanziata con fondi Pnrr, a Diano Marina, in Liguria. Si tratta ad ogni modo solo di alcune opere citate nell’ordinanza firmata dal gip Fabrizio Filice. Tra le gare nel mirino degli uomini a disposizione della mafia ci sarebbe stata quella, da oltre 28 milioni, per la realizzazione di un parcheggio interrato a Livigno (Sondrio), la località in cui il Palermo calcio è in ritiro in questi giorni, «bandita da Infrastrutture Milano Cortina». Scirocco avrebbe deciso «la partecipazione di Infrastrutture M&B, anche in associazione a possibili consorzi». Bontempo, intercettato lo scorso 18 dicembre, diceva: «Quella gara, se tu la vedi bene, è un bel lavoro, c’è un mare di movimento terra». L’appalto non fu assegnato a loro, anche se i due sarebbero riusciti a presentare «l’offerta tecnica» in 24 ore.
Nei cantieri, inoltre, c’erano improvvisati attori, nel ruolo di operai» perché la Infrastrutture M&B, che aveva in pancia lavori per 250 milioni di euro, sulla carta aveva 36 dipendenti. Agli atti pure intercettazioni tra Bontempo e un imprenditore romano, il quale gli avrebbe proposto «una collaborazione dai contorni non definiti» con un manager della Lotito holding, società non indagata.
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