Nella vita a volte si cade. Ma è possibile rialzarsi, e magari scoprirsi più forti di prima, iniziando ad osservare il mondo che ci circonda con occhi diversi, con maggiore consapevolezza, con più determinazione.

Ha grandi occhi scuri e un sorriso sincero Dario Corso, classe 1987, originario di Misilmeri, in provincia di Palermo.

In un giorno d’estate di 6 anni fa la sua vita è cambiata in pochi minuti, per sempre. Per lui è iniziata una ‘seconda’ esistenza, forse più autentica, che gli ha permesso di innamorarsi delle piccole cose, di mettere a frutto la passione per la musica, trasmessagli dal padre, di imboccare una nuova direzione.

Dario ha parlato di sé tramite una lettera pubblicata sul blog di Giovanni Cupidi, attivista dei diritti delle persone con disabilità, che inizia con tre parole emblematiche della sua visione della vita: “Sono nato fortunato”. BlogSicilia ha intervistato Dario Corso, che oggi è un apprezzato cantautore.
Ci ha raccontato il prima e il dopo, il presente, con le sue difficoltà, ma soprattutto i propositi per il futuro.

La vita che cambia

Ma com’era la vita di Dario prima che tutto cambiasse? Uomo in carriera, dinamico e intraprendente, nel settembre del 2017 sposa Rosa, l’amore della sua vita. Lavora in una importante azienda che si occupa di meccatronica, in Emilia Romagna. Nell’agosto del 2018 si trova in trasferta per lavoro a Mirano, nel Veneziano. La sua prima figlia ha appena un mese. Lui ha compiuto 31 anni da pochi giorni. Una sera Dario è a cena con i colleghi quando avverte una sensazione di caldo opprimente. È normale, pensa. Le temperature sono piuttosto alte. Esce dal ristorante per prendere un po’ d’aria e si siede vicino a una fontana. “Avevo qualche difficoltà a respirare – ricorda – che ho attribuito al caldo afoso del momento. Poi ho iniziato a percepire un piccolo dolore al centro del petto. Nemmeno il tempo di pensare che qualcosa non stesse andando per il verso giusto che quel ‘dolorino’ si è trasformato in un dolore molto più intenso, come se un tubo di ferro mi stesse trapassando il torace. Ho pensato subito che si trattava di un infarto, ma non volevo credere che stesse accadendo proprio a me, ero sempre stato sano come un pesce”.
Dario inizia a sudare e intanto i suoi colleghi escono dal ristorante. “Ragazzi, mi sento male, dovete aiutarmi”, gli dice. I colleghi pensano che stia scherzando e sorridono, d’altra parte Dario è un tipo divertente, un buontempone. Pochi istanti dopo Dario è a terra, non riesce a reggersi in piedi.
I colleghi lo portano in bagno, lo aiutano a sciacquarsi il viso e chiamano un’ambulanza.
“Un’ora dopo – racconta Dario – ero già in sala di emodinamica in ospedale. Diagnosi: infarto del miocardio. Dopo una trombo-aspirazione, vengo sottoposto a un intervento di angioplastica con l’impianto di tre stent nella coronaria destra e mi ricoverano in terapia intensiva. Poi è iniziata la mia convalescenza. Sono stati giorni duri. Non ci ho messo molto, tornando al lavoro, a comprendere che non avrei più potuto fare la vita di prima. Insomma, quella sera tutto è cambiato di punto in bianco. L’ho capito abbastanza presto, tanto da decidere di tornare in Sicilia”.

Le difficoltà

Un periodo davvero buio per Dario, circondato però sempre dall’affetto della moglie e dei genitori. “Sono stati e sono tutt’ora – dice – la mia roccia, lo scoglio al quale aggrapparmi quando il mare è in tempesta. Anche adesso quando mi vedono un po’ giù mi strattonano amorevolmente per un braccio e mi infondono coraggio, ricordandomi che ogni cosa va fatta con cura e dedizione”.
Dario subisce altri due attacchi di cuore nel giro di tre mesi. Il 2020 è per lui un anno terribile: soffre di depressione e attacchi di panico e nel mese di febbraio perde improvvisamente la nonna alla quale lo legava un amore smisurato. “Durante la pandemia – aggiunge – io e la mia famiglia abbiamo vissuto un autentico inferno. Più volte sono stato male e durante la notte ho chiamato al telefono i miei genitori chiedendo loro di accompagnarmi in ospedale. Il mondo sembrava sospeso sull’orlo del baratro, ed io mi sentivo proprio così, come se stessi dirigendomi verso un precipizio, senza sapere cosa mi sarebbe accaduto il giorno dopo, se sarei stato bene o male”.

Le paure di un papà e un nuovo approccio al domani

Oggi Dario è il papà orgoglioso di tre splendidi bambini, Laura, Filippo e Raffaele. Ha subito in totale otto operazioni di angioplastica. Ha 5 stent cardiaci. La sua ultima “ricaduta” risale a giugno 2023, ma adesso le cose sembrano andare meglio. Non mancano però le paure, e lui non ha difficoltà ad ammetterlo.
“La mia paura più grande – specifica – è quella di morire presto, di lasciare i miei figli, i miei affetti. Credo sia normale dopo quello che ho vissuto. Durante gli interventi di angioplastica coronarica, che non vengono fatti in anestesia generale, mi sono posto più domande: come uscirò da questa esperienza? Quali strascichi mi lascerà? Come sarà la mia vita? Osservavo i chirurghi e pensavo a queste cose. Ero e sono ottimista ma c’è quella che io definisco una percentuale di realtà da prendere in considerazione. Lì è cambiato il mio approccio al domani, anzi, c’è stato un momento preciso. Sino ad allora ero stato abbastanza anti-social, per così dire. Non avevo il tempo per dedicarmi ai social, li reputavo un ‘mondo’ futile. Avevo soltanto un profilo facebook ma lo usavo davvero poco. Un giorno, ero in convalescenza dopo l’ennesimo intervento, stavo navigando e mi sono imbattuto, su youtube, in un video di Marco Montemagno (esperto di comunicazione e imprenditore digitale, ndr), che parlava di tiktok. C’era ancora la pandemia, ho aperto un mio profilo e ho iniziato a pubblicare qualche video, scoprendo con stupore che qualcuno guardava i miei contenuti! Ma non l’ho fatto per la mia notorietà, della quale poco mi importa. Posso dire sinceramente che l’ho fatto per i miei figli, per ‘lasciargli’ un ricordo. Sono ancora molto piccoli, e se io dovessi ‘congedarmi’ da loro, a causa della mia malattia, ai miei figli rimarrebbe solo un ricordo astratto del loro papà. La cosa più ‘forte’ che potevo fare per loro, in quel momento in cui mi sentivo impotente e quasi vinto dalle preoccupazioni, è raccontargli chi sono tramite i miei video.
Poi ho scoperto anche gli altri social, come instagram, e da solo ho costruito il mio sito internet, perché fondamentalmente sono un uomo che si arrangia a fare tutto, indipendentemente dal risultato”.

Cantautore “per lasciare un segno in un processo effimero”

Dario legge e scrive tantissimo, testi e musica, e trascorre quasi tutto il suo tempo nel suo studio.
Se lo chiami “cantautore”, tuttavia, si mette a ridere, quasi non prendendosi sul serio. “Non mi definisco cantautore – precisa – perché la mia storia è così diversa da quella di un cantautore…
Nella vita facevo tutt’altro, anche se certo, ho sempre amato moltissimo la musica, le percussioni, la chitarra classica. È come se mi fossi trovato per caso a fare il cantautore. Io lascio fare tutto al fato o destino che dir si voglia. Però sì, faccio il cantautore per lasciare un segno, come ho scritto nella lettera, in questo processo effimero che è la vita. Non soltanto per i miei figli, ma per coloro che avranno voglia di ascoltare la mia musica, di leggere i miei testi, le mie riflessioni. Poco fa ho scritto su un foglio di carta: “Il sogno più bello è la realtà, la mia realtà, bella o brutta”.
Non mi piace fare la morale ma in giro vedo molta superficialità, indipendentemente dal grado di cultura delle persone. E allora, in questo mondo dove tutto passa, io voglio condividere con altri quello che la vita mi ha insegnato: anche quando si sta male e tutto sembra perduto per sempre, esiste un modo per risalire a galla dopo aver toccato il fondo. Io mi sono aggrappato alla mia famiglia e alla mia chitarra. Ognuno di noi può fare qualcosa di bello, può aiutare gli altri, ognuno di noi ha tanto da donare”.

Le canzoni di Dario

Anche le canzoni di Dario, così come la sua esperienza di cantautore, nascono per caso. Così come il primo testo “Per Dire”. “Le mie canzoni – spiega – altro non sono che il mio stato d’animo del momento. Per Dire è nata – sorride – dopo che avevo assistito per strada ad una sorta di litigio tra un giovane muratore impegnato in un cantiere e la moglie, altrettanto giovane, che lo aveva raggiunto sul posto per rimproverarlo aspramente in merito ad una sua presunta mancanza. Mi è rimasta impressa quella scena, e tornato a casa ho scritto la mia canzone. È un testo semplice, oserei dire banale, perché per me, che sono molto autocritico, tutto quello che faccio vale poco. Questo atteggiamento, però, mi aiuta a migliorarmi sempre di più. In ogni caso, con Per Dire, sono riuscito a esprimere quanto mi frullava in testa. E cioè che l’amore è al di sopra di tutte le cose, e ‘che chi crede nell’amore vola su, vive ancora, e lui corre corre corre’. Tutte le altre canzoni sono nate un po’ come Per Dire: osservo, rifletto, trasformo in testi e musica quello che percepisco dalla realtà che mi sta intorno con passione e autenticità”.
Vasta la gamma di artisti che Dario ama e ascolta e dai quali si lascia ispirare: da Fabrizio De Andrè a Paco de Lucìa, da Pino Daniele a Pau Donés, frontman degli Jarabe de Palo e molti altri.
La sua musica parla della vita, dell’amore, delle dinamiche familiari, della giustizia sociale e spazia dal pop al rock e all’etnico, amalgamando stili e generi diversi.
“Faccio musica – precisa – ricordando anche gli insegnamenti dei miei nonni. Li ho amati alla follia! Per me sono due leggende, i miei miti. Prendo spunto dal loro coraggio, dalla tenacia e dalla forza che mi hanno trasmesso quando erano ancora qui”.

Raccontarsi

Eppure raccontarsi non deve essere facile. Soprattutto se si ha alle spalle, come Dario, una storia difficile, fatta sì di vittorie, ma anche di tante sconfitte. “Oggi – dice – ho un obiettivo, una meta. Essere un buon padre e un bravo cantautore. Quando si perde la salute anche altre cose vengono meno: le abitudini, le ragioni del vivere, l’essere se stessi. Tutto questo io l’avevo perso per strada.
I miei figli e la mia chitarra mi hanno permesso di rialzarmi dopo le mie cadute. Parlare della mia vita mi fa sentire più coraggioso. E poi, forse, avevo bisogno di raccontarmi per liberarmi dal peso di tanti eventi negativi, tutti accaduti in breve tempo. Bisogna sempre andare avanti, e trovare la forza per farlo”.
E ancora: “La malattia ha cambiato il mio modo di vedere la vita. Prima ero molto più attaccato alle cose materiali, anche futili. Ero un ragazzo come tanti, in cerca del benessere economico. Adesso la mia quotidianità è totalmente diversa rispetto al passato, come diverso sono io rispetto al Dario di una volta. Osservo la vita in maniera più semplice, sono più pacato, più legato alla mia famiglia, ai piccoli momenti di gioia che per fortuna non mancano”.

“Sono nato fortunato”

Un’ultima domanda è quasi d’obbligo: Perché dici “Sono nato fortunato”? La risposta arriva senza esitazione: “Perché ho una famiglia che mi sostiene, perché ho tre figli meravigliosi dai quali sto imparando tanto, perché sono stato capace, con le mie forze e grazie a quello che avevo costruito prima della mia malattia, di dargli una casa che è diventata il nostro nido d’amore.
Con la mia determinazione, giorno dopo giorno, voglio essere un esempio positivo per i miei figli, voglio insegnargli che devono mettere il massimo impegno in tutto quello che fanno, anche le cose più stupide. La vita non è facile, ma per me tutto è un regalo meraviglioso, anche questa intervista.
Sì, sono nato fortunato”.

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