“Non ho mai avuto a che fare con la mafia. “Cuffaro? Con lui rapporto antico, sono stato suo assessore”. Così il candidato sindaco di Palermo del centrodestra Roberto Lagalla spera di mettere la parola fine alla polemica legata al connubio mafia-politica sorta in queste ore in seguito alle recenti dichiarazioni di Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, la moglie di Giovanni Falcone, morta con lui nella strage di Capaci, ad un evento pubblico.

“Una storia strumentalizzata”

“Di questa storia non ne posso più. La stanno montando e strumentalizzando poiché evidentemente c’è pochezza di altri argomenti contro di me. Non intendo rispondere alle provocazioni finché resteranno tali. Posso ben dimostrare nel mio curriculum, nella mia vita e nella storia personale di non avere mai avuto niente a che fare con la mafia”. Risponde così l’ex rettore di Unipa e assessore all’Istruzione dimissionario del governo Musumeci.

“Con Cuffaro rapporto antico”

Poi si concentra con il rapporto avuto in passato con Totò Cuffaro. “Il mio rapporto con Cuffaro è antico, ne sono stato assessore, e abbiamo chiuso un piano di rientro sanitario che nessun altro aveva mai chiuso prima”. Risponde così Lagalla ai giornalisti alla fine della riunione della coalizione.

“Respingere la lista di Cuffaro? Non esiste”

“Non trovo nessun articolo di legge o della Costituzione che mi dica che io debba respingere la lista di Totò Cuffaro, fatta tutta di candidati che ovviamente hanno le carte in regola”, solo perché Cuffaro “ha avuto dei problemi personali e giudiziari e oggi è non un mio interlocutore ma capo di una forza politica che è all’interno di una coalizione che ha trovato in me la sintesi”.

Cosa ha detto Morvillo

Ad accendere i riflettori sul sostegno di Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri a Lagalla, sono state le recenti dichiarazioni dell’ex magistrato Alfredo Morvillo, fratello di Francesca e cognato di Giovanni Falcone, assassinati da Cosa nostra nel ’92, assieme agli agenti di scorta, nella strage di Capaci. Morvillo aveva detto: “A trent’anni dalle stragi la Sicilia è in mano a condannati per mafia. C’è chi attualmente strizza l’occhio a personaggi condannati per mafia. C’è una Palermo che gli va dietro, se li contende e li sostiene. Davanti a questi fatti mi viene in mente un cattivo pensiero: certe morti sono stati inutili. Qui sono accadute cose inaudite. Ma la libidine del potere spinge alcuni a stringere alleanze con chicchessia”. Il riferimento era a Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro, entrambi condannati in via definitiva a 7 anni di carcere: il primo per concorso esterno in associazione mafiosa, il secondo per favoreggiamento personale e rivelazione di segreto istruttorio. “Per quanto riguarda Dell’Utri – ha detto Lagalla – io sono stato oggetto passivo di una attestazione personale di considerazione da parte sua. Che questo possa dare fiato alle trombe, che dicono che sia un mio possibile ispiratore di azione di governo, c’è la mia storia che parla e che è adamantina, pulita, e non intendo farla sporcare da nessuno”.

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