“C’è lo statuto scritto … che hanno scritto i padri costituenti”: così afferma uno dei boss arrestati oggi a Palermo dai carabinieri, non sapendo di essere intercettato. Una rivelazione che i magistrati ritengono importantissima e che conferma l’osservanza da parte dei capimafia di ferree regole, una sorta di “Costituzione” della mafia.
Le regole dei boss
I boss continuano a rispettare le vecchie “regole” mafiose e a imporne l’osservanza agli affiliati, dunque. Le “cimici” piazzate dagli investigatori hanno potuto ascoltare le conversazioni degli indagati che spesso si richiamavano al rispetto di principi mafiosi arcaici, un vero e proprio “statuto” scritto dai padrini. “Principi” che i capimafia continuano a considerare il baluardo dell’esistenza stessa di cosa nostra. Nell’ambito della conversazione registrata, definita dal gip “di estrema rarità nell’esperienza giudiziaria”, si è più volte fatto richiamo all’esistenza di un “codice mafioso scritto”, custodito gelosamente da decenni e che regola, ancora oggi, la vita di cosa nostra palermitana.
Le critiche a Totò Riina
Criticano la strategia stragista del boss Totò Riina i capimafia arrestati oggi dai carabinieri a Palermo. “Niente cose infami, ma perché pure tutte queste bombe tutti questi giudici, tutti questi … ma che cosa sono?”, dice uno degli indagati non sapendo di essere intercettato, dopo aver stigmatizzato anche la scelta di assassinare i familiari del pentito Tommaso Buscetta ancor prima che questi cominciasse a collaborare con la giustizia.
Dure parole vengono riservate anche all’ex boss Giovanni Brusca. Una “scopettata” (ndr un colpo di fucile) nelle corna gli
dovrebbero dare! ” Secondo i due padrini intercettati Riina e i suoi “pensavano solo a riempire il portafoglio”.
“Sì, e non si interessava a niente. Non è che loro amavano la cosa (dove per cosa verosimilmente si intende l’organizzazione mafiosa) Perché uno che la ama, fa le cose per non distruggerla, per tenerla”, sentenzia il boss. “Tutte cose sono finite” … – conclude ricordando che in passato “c’erano buoni rapporti con gli organi dello Stato. Non si toccavano, non si toccavano”. “Anzi li allisciavano”, dice l’interlocutore.
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