Ricorre oggi il 42° anniversario della morte del giudice Cesare Terranova, ucciso a Palermo dalla mafia assieme al maresciallo Lenin Mancuso, suo collaboratore. Era il 25 settembre del 1979. I killer attesero Terranova e Mancuso in via De Amicis e aprirono il fuoco. Il magistrato era rientrato da poco nel capoluogo siciliano.
Per due legislature era stato eletto nelle liste del Pci ed era stato membro della commissione antimafia. Si accingeva a insediarsi al posto di capo dell’ufficio istruzione di Palermo. Qualche anno prima, nel 1974, aveva inchiodato Luciano Liggio, la “Primula Rossa” di Corleone.
Per l’omicidio del giudice Cesare Terranova e del maresciallo Lenin Mancuso, la corte d’assise di Reggio Calabria ha condannato all’ergastolo come mandanti i componenti della cupola di Cosa Nostra: Salvatore Riina, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Francesco Madonia, Pippo Calò, Antonino Geraci, Michele Greco.
Questa mattina in via De Amicis, il sindaco Leoluca Orlando ha partecipato alla cerimonia di commemorazione del giudice Cesare Terranova, ucciso dalla mafia assieme al maresciallo Lenin Mancuso il 25 settembre del 1979. Presenti le massime autorità civili e militari, nel corso della commemorazione sono state deposte due corone di alloro in memoria.
“Siamo qui per fare memoria di un altro giorno drammatico, di quel tempo terribile e di quelle estati palermitane – ha detto il sindaco Leoluca Orlando – caratterizzate da stragi di mafia. Terranova e Mancuso erano uomini dello Stato, garanti della legalità che hanno trovato la morte per mano mafiosa-criminale in un tempo nel quale la mafia aveva il volto delle istituzioni e apparivano eversivi coloro che chiedevano l’applicazione delle legge. Terranova fu precursore di metodologie di indagini innovative ma al contempo fu vittima di una magistratura incapace di cogliere la dimensione associativa di Cosa Nostra. E che in molti casi ne era complice. A distanza di 42 anni siamo ancora qui per mantenere alta la tensione affinché non tornino mai a Palermo quei tempi drammatici”.
Il 25 settembre 1988, la mafia uccideva invece lungo il viadotto Grottarossa della strada statale 640 Agrigento-Caltanissetta il giudice Antonino Saetta, presidente della I sezione della Corte d’Assise d’Appello di Palermo, e il figlio Stefano. L’agguato scattò poco prima della mezzanotte.
L’omicidio, come è stato accertato dagli inquirenti, sarebbe stato deciso dalla cupola mafiosa presieduta da Riina per punire il magistrato che aveva pesantemente condannato killer e mandanti di efferati omicidi e che era candidato a presiedere la corte d’appello del primo maxiprocesso alle cosche mafiose del palermitano. Nel luogo dell’agguato furono contati oltre un centinaio di bossoli, anche di una mitraglietta da guerra. Per l’omicidio Saetta sono stati condannati all’ergastolo con sentenza definitiva il boss Francesco Madonia, palermitano, e Pietro Ribisi, di Palma di Montechiaro.
Tra Canicattì e Caltanissetta sono stati organizzati dei momenti per fare memoria. Alle 10 al cimitero comunale per iniziativa dell’associazione “Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino Onlus” si terrà l’omaggio floreale alla tomba Saetta; mezz’ora dopo nella chiesa di S. Diego per iniziativa dell’amministrazione comunale funzione religiosa officiata da don Salvatore Casà. Alla fine un corteo raggiungerà il viadotto Giulfo dove don Fausto Curto a proprie spese fece erigere il “Cippo Saetta” per il solenne omaggio delle istituzioni. Nel pomeriggio sarà il procuratore aggiunto Gaetano Paci della Dda di Reggio Calabria a interloquire con il cronista Salvo Palazzolo sulla situazione della magistratura.