Con l’operazione dei giorni scorsi, la Guardia di Finanza ha portato alla luce un’intricata rete di riciclaggio di denaro che collega Palermo al Brasile, gestita dalla cosca mafiosa di Pagliarelli. Al centro dell’inchiesta, Giuseppe Calvaruso, boss del clan, che, nonostante la residenza a Natal, in Brasile, continuava a dirigere le operazioni criminali, impartendo ordini e minacce dal Sud America.
Minacce agghiaccianti per gli acquirenti di immobili
Come riporta il Giornale di Sicilia, intercettazioni telefoniche del 2020 rivelano il modus operandi di Calvaruso. In una conversazione con il suo braccio destro, Giovanni Caruso, rimasto a Palermo, il boss ordina di minacciare gli acquirenti di alcuni magazzini in via Altofonte: “Se qualcuno si permette di fare l’atto senza averci saldato, non fatelo salire sopra dal notaio e mettetegli il revolver in bocca”. Un’agghiacciante dimostrazione del potere che Calvaruso continuava ad esercitare anche a migliaia di chilometri di distanza.
Un impero finanziario tra Italia, Svizzera, Hong Kong e Brasile
L’indagine ha portato al sequestro di nove società, operanti nel settore immobiliare e della ristorazione, dislocate tra Italia, Svizzera, Hong Kong e, soprattutto, Brasile. Oltre alle società, sono stati sequestrati anche più di 350 mila euro in contanti. Calvaruso, Caruso e l’imprenditore Giuseppe Bruno sono stati arrestati con l’accusa di riciclaggio di denaro. Coinvolta anche Rosa Anna Simoncini, madre di Bruno, finita agli arresti domiciliari per il suo ruolo di intermediaria nel trasferimento di fondi verso il Brasile.
Pseudonimi e pressioni per il pagamento degli immobili
Calvaruso, impartiva istruzioni precise a Caruso per la vendita dei magazzini. Gli acquirenti, identificati con pseudonimi come “Nando”, “Serena” (titolari di un negozio di mangimi e detersivi), “Pollerie” (coniugi proprietari di una polleria), “Edicola” e “Bar”, erano sottoposti a forti pressioni per pagare le quote dovute. “Vai da Nando e gli spieghi che serve l’acconto adesso. Non avere pietà”, ordinava Calvaruso a Caruso. L’obiettivo era raccogliere 80 mila euro in breve tempo.
Investimenti in Brasile e la crisi di liquidità dovuta al Covid
La necessità di denaro era legata a investimenti immobiliari che il clan stava pianificando nello Stato brasiliano del Rio Grande do Norte. La pandemia di Covid-19 aveva creato una crisi di liquidità anche per Cosa Nostra: “Abbiamo milioni di euro di proprietà ma liquidità all’osso”, lamentava Calvaruso, spingendo Caruso a recuperare i fondi necessari per pagare i soci sudamericani coinvolti nella costruzione di ristoranti e complessi turistici sulla costa brasiliana. Chiunque esitasse a pagare, subiva minacce dirette da parte del boss.
Sostegno ai detenuti e alle loro famiglie
Oltre agli investimenti in Brasile, parte del denaro estorto serviva a sostenere economicamente gli affiliati detenuti e le loro famiglie. Tra i beneficiari, figurano nomi di spicco di Cosa Nostra, come l’ergastolano Nino Rotolo, detto “zio grande”, per il quale erano destinati 5 mila euro, e Gianni Nicchi con il padre Luigi, anch’egli condannato all’ergastolo. L’inchiesta della Guardia di Finanza svela, dunque, un’organizzazione criminale ancora attiva e pericolosa, capace di operare su scala internazionale e di adattarsi alle difficoltà economiche, ricorrendo a metodi intimidatori e a un complesso sistema di riciclaggio.
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