“Il Dna usato per la comparazione era in quantità minima e comunque misto, riconducibile cioè al profilo genetico di più individui”: nella veste di consulente della difesa, l’ex capo del Ris di Parma, il generale Luciano Garofalo, ha illustrato alla corte d’assise d’appello di Palermo le sue conclusioni sull’esame del Dna che, secondo l’accusa, incastrerebbe il boss Vito Mazzara per l’omicidio di Mauro Rostagno, ex Lotta Continua, fondatore della comunità Saman, sociologo e giornalista, ucciso a Trapani, nelle campagna di Lenzi, il 26 settembre 1988.
La deposizione, che insinuerebbe dubbi sulla responsabilità dell’imputato, è stata resa nel processo d’appello a Mazzara, esecutore materiale del delitto, e a Vincenzo Virga, capomafia trapanese che sarebbe stato il mandante. Entrambi in primo grado furono condannati all’ergastolo. La perizia sul Dna, estratto da parti del fucile usato per l’agguato – l’arma si ruppe durante la sparatoria – fu decisiva in primo grado per la condanna di Mazzara.