La decisione della Corte di Giustizia Europea che dichiarò illegittima la condanna di Bruno Contrada, ex numero due del Sside ritenuto responsabile del reato di concorso in associazione mafiosa, “non influisce sulle fonti di prova che hanno portato i giudici di merito ad affermarne la penale responsabilità, profilo sul quale la Cedu non ha mosso rilievi. Le motivazioni della “bocciatura” della Corte di Strasburgo poggiano infatti sulla “imprevedibilità del reato di concorso esterno in associazione mafiosa” all’epoca dei fatti contestati a Bruno Contrada e non sul fatto che “gli elementi posti a fondamento del giudizio siano stati acquisiti nel rispetto delle regole del giusto processo”. E’ il ragionamento della Corte d’appello di Palermo che, su rinvio della Cassazione, è tornata a pronunciarsi sul risarcimento per ingiusta detenzione per Contrada, ora negato.
Una prima sentenza glielo aveva concesso, poi i giudici romani avevano annullato con rinvio il provvedimento chiedendo un nuovo processo che ha negato il risarcimento all’ex poliziotto. Oggi la corte ha depositato le motivazioni della sentenza.
La sentenza della Cassazione, che revocò gli effetti penali della condanna di Contrada dopo la pronuncia della Cedu, secondo la corte d’appello, non ha affatto escluso la sussistenza dei fatti contestati al funzionario di polizia e processualmente accertati.
“I giudici hanno ritenuto provate sulla base di una piattaforma probatoria ponderosa ed eterogena una serie di comportamenti illeciti di Contrada”, si legge nel provvedimento.
Pertanto per la corte d’appello l’ex numero due del Sisde “non può essere considerato vittima“. I giudici addebitano a Contrada “opache e compromettenti frequentazioni che sarebbero scevre da ragioni di servizio e di comportamenti volti a favorire e rafforzare la mafia“.
Per cui sostiene la corte era prevedibile per chiunque e in particolare per un poliziotto che lo Stato avrebbe reagito con provvedimenti restrittivi e sanzionatori. La misura cautelare per cui si chiede il risarcimento indipendentemente dal fatto che il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non fosse codificato all’epoca, non solo era giustificata ma “si imponeva come doverosa in relazione alla oggettiva gravità e perduranza delle condotte criminose”.
Contro il risarcimento del danno per ingiusta detenzione all’ex 007 si è sempre opposto il pg Carlo Marzella.