“Conosco Gioacchino Natoli da una vita, so perfettamente che uomo è e che magistrato è stato e ne conosco la rettitudine e l’amore per le istituzioni.
Natoli ha lavorato a fianco di mio fratello Giovanni e di Paolo Borsellino e io non posso dimenticare quei momenti. Sono certa che saprà dimostrare la sua estraneità alle accuse che gli vengono mosse”.
Lo ha detto Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia nel ’92, dopo l’esplodere della bufera sul pool antimafia di Palermo degli anni ’90. In quella stagione di lotta a Cosa Nostra, secondo la Procura di Caltanissetta, anche i magistrati furono coinvolti in operazioni di insabbiamento e, di conseguenza, di favoreggiamento a Cosa Nostra.
La sorprendente tesi dell’accusa
L’ex pm del pool antimafia di Palermo Gioacchino Natoli è, adesso, indagato dalla Procura di Caltanissetta per i reati di favoreggiamento alla mafia e calunnia e ha ricevuto un invito a comparire per essere interrogato. Le accuse gli vengono mosse nell’ambito di un filone dell’inchiesta mafia-appalti, svolta nel capoluogo siciliano agli inizi degli anni ’90. Secondo una delle ipotesi proprio questa vicenda sarebbe il vero movente della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino. A Natoli i Pm contestano di aver insabbiato l’indagine avviata dalla procura di Massa Carrara e confluita nel procedimento mafia-appalti per favorire esponenti mafiosi come l’imprenditore palermitano Antonino Bonura.
Un fulmine anche contro l’ex Procuratore
Natoli avrebbe agito in concorso con l’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, e con l’allora capitano della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Nell’invito a comparire Giammanco viene definito dai pm nisseni l'”istigatore”. Secondo l’accusa l’ex pm avrebbe aiutato i mafiosi Antonino Buscemi e Francesco Bonura, l’imprenditore e politico Ernesto Di Fresco e gli imprenditori Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del Gruppo Ferruzzi) ad eludere le indagini.
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