E’ iniziato tutto dopo la sparatoria di via Fiume. Polizia di Palermo, con l’operazione “Maqueda” , in corso dalle prime luci dell’alba, ha eseguito numerosi provvedimenti di fermo disposti dalla DDA della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo nei confronti di altrettanti soggetti accusati di far parte, a vario titolo, di un gruppo che teneva sotto controllo una parte del quartiere Ballarò e responsabile di decine di reati aggravati dal metodo mafioso e dalla discriminazione razziale, vicini alle famiglie mafiose di “Palermo Centro”.
Le indagini della Squadra Mobile diretta da Rodolfo Ruperti hanno sgominato un pericoloso gruppo armato che per lungo tempo si è imposto sul territorio del centro storico di Palermo terrorizzando i commercianti stranieri.
I nomi dei fermati questa notte nel corso dell’operazione Maqueda della Squadra Mobile sono: Alessandro Cutrona, Vincenzo Centineo, Giuseppe Rubino, Giacomo Rubino, Emanuele Campo, Giovanni Castronovo, Alfredo Caruso, Carlo Fortuna, Bruno Siragusa.
I reati contestati sono tentato omicidio, estorsione, incendio, rapina, violenza privata e lesioni personali tutti perpetrati ai danni di commercianti extracomunitari prevalentemente del Bangladesh, etnia nota per l’indole pacifica.
Le indagini della Squadra Mobile hanno subito un decisivo impulso dopo il fermo di Emanuele Rubino per il tentato omicidio di Yusupha Susso, giovane gambiano ferito, lo scorso 4 aprile, con un colpo d’arma da fuoco alla testa, “colpevole” di avere reagito all’ennesimo atto di gratuita sopraffazione.
All’esecuzione dell’operazione hanno partecipato oltre cento uomini, non solo in ragione della pericolosità dei soggetti, ma anche per la particolarità del territorio caratterizzato, sotto l’aspetto topografico, da vicoli tortuosi mentre, per quanto concerne l’aspetto sociale, da un alto numero di pregiudicati.
Dopo il ferimento di Yusupa Susso Palermo aveva reagito scendendo in piazza e dando vita ad una serie di manifestazioni contro la violenza.
L’operazione è stata coordinata dal Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis ed Ennio Petrigni.
I commercianti e gli ambulanti del Bangladesh, che si sono ribellati ai soprusi, subivano continuamente rapine e violenze. Una delle regole principali imposte dal gruppo di giovani fermati era “se vuoi aprire il negozio, senza avere problemi, devi pagare”.
Una volta avviata l’attività, i commercianti erano obbligati a versare il pizzo con una cadenza settimanale. Il gruppo criminale controllava il rione Ballarò e fondava il proprio potere sul timore che procurava all’intera comunità di stranieri.
Chi non rispettava le “regole” imposte dal gruppo criminale rischiava pesanti ritorsioni, che andavano dalle minacce aggravate, anche con le armi armi, a veri e propri pestaggi.
Le indagini della Squadra Mobile sono partite dal fermo di Emanuele Rubino per il tentato omicidio di Yusupha Susso in via Fiume. Gli extracomunitari convocati presso gli uffici della Squadra Mobile, dopo i primi tentennamenti dovuti alla paura e al terrore, facendosi forza l’un l’altro, hanno rotto il muro di omertà che andava avanti da anni ed hanno deciso di raccontare la loro “odissea”.
In poco tempo si sono susseguite le denunce che hanno consentito di accertare decine di reati subiti dalla comunità di immigrati. Di fatto, i cittadini stranieri del quartiere erano impossibilitati a svolgere liberamente il loro lavoro ma, anche, a vivere serenamente la loro vita privata, in quanto le minacce erano rivolte anche ai loro familiari.