Il boss palermitano della Kalsa Luigi Abbate, da tutti conosciuto con il nomignolo di Gino “u mitra”, potrebbe presto tornare in libertà. La cassazione ha infatti rimandato alla corte d’appello l’ultima sentenza di condanna a 16 anni. Fine pena prevista quindi nel 2027 ma adesso le cose cambiano. La suprema corte ha infatti stabilito un riconteggio della pena, che quindi dovrebbe subire delle pesanti riduzioni. Ad essere accolta l’istanza del legale del boss che aveva esortato l’applicazione dei “reati fine”. Si tratta di reati associativi tipici di Cosa nostra che prevedono la “continuazione” e quindi una sorta di ricalcolo della pena cumulativa. Quindi non andrebbero sommate le singole condanne, così come accaduto a Gino “u mitra”.
Il nuovo calcolo
Ed effettivamente la cassazione ha accolto questo aspetto. Ha rimandato quindi tutto nelle mani della corte d’appello che dovrà riemettere sentenza applicando un calcolo della pena sulla scorta dei “reati fine”. Dunque non più una somma delle condanne nei vari processi ma una sorta di attenuazione perché quei reati sono stati commessi in quanto appartenente a cosa nostra. Mentre le estorsioni sono state “calcolate” a parte, al di là della sua appartenenza alla mafia che lo ha portato anche ad una condanna per 416 bis.
Il ristoratore che denunciò
Tra i principali accusatori di Luigi Abbate, che quindi ha contribuito alle sue condanne, figurava un ristoratore. Si tratta di Fabio Sodano, oggi 61enne, uno dei soci del marchio in franchising delle pizzerie ”Fratelli la Bufala pizzaioli emigranti”. Dopo le richieste estorsive, le denunce, i processi con le condanne dei mafiosi. Sodano e suo fratello Danilo hanno denunciato gli estorsori che operavano nelle cosche di boss del calibro di Luigi Abbate, Giulio Caporrimo, Giuseppe Arduino, longa manus dei Graviano di Brancaccio. Diverse famiglie di Cosa nostra erano interessate alla spartizione del pizzo dei ristoranti La Bufala i cui gestori erano definiti dai mafiosi ”sbirri”. Picciotti e capi mandamento sono stati condannati, le vittime parti civili sono state risarcite.
L’arresto in famiglia
Eppure la famiglia di Gino “U mitra” ha fatto parlare ancora di sé recentemente anche se il boss è in carcere da 12 anni. Nel 2019, infatti, ci fu un blitz antidroga a Palermo, i carabinieri arrestarono 12 persone per traffico e spaccio di cocaina tra Palermo e nelle province di Agrigento e Caltanissetta. Operazione ruotata attorno alla famiglia mafiosa di Porta Nuova che avrebbe gestito tra la Kalsa e Borgo Vecchio il traffico di stupefacenti. Uomo di vertice dell’organizzazione era Ottavio Abbate, già arrestato nel 2017 e in passato condannato per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Si tratta del fratello di Gino. Secondo l’accusa originaria Abbate sarebbe stato coadiuvato da Antonino Augello, Gaetano Musicò e Emanuele Mazzola.
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