Non c’è pace per la Fondazione orchestra sinfonica siciliana. C’è dell’altro oltre alle polemiche per la nomina di Ester Bonafede a sovrintendente. E non basta neanche l’esposto alla Corte dei Conti.
La guida della Foss rischia, adesso, di spaccare anche la maggioranza alla regione dopo che il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè è entrato a gamba tesa sulle questione del CdA della fondazione. Bersagli di Miccichè è Stefano Santoro presidente del Cda che non ha ratificato al nomina della Sovrintendente Bonafede. Era stato proprio Miccichè a suggerire Santoro come consulente legale alla Fondazione e adesso lo accusa, indirettamente, di tradimento essendo stato nominato senza passare dall’assessore competente ne da lui stesso che lo aveva indicato per la prima volta.
Ma se Miccichè lascia intendere che Santoro risponde ormai ad altre logiche, questo fa saltare sulla sedia Saverio Romano che stavolta abbandona la prudenza e non gliele manda a dire “Dopo la vicenda di Marcello Caruso e della Sas, è la seconda volta che il presidente dell’Assemblea regionale, Gianfranco Miccichè, alla guida di un organo che dovrebbe essere super partes, interviene a piedi uniti sulla governance di uno degli enti della Regione, senza che ne’ l’assessore al ramo nè alcun esponente del governo si pronuncino nel merito -d ice Romano -. È davvero incredibile constatare come la politica si sia ridotta in questo stato dove, chi dovrebbe garantire terzieta’ e imparzialità non perde occasione per minacciare politicamente organismi che dovrebbero agire in piena autonomia, e chi dovrebbe dare indirizzo politico, mantiene il più rumoroso silenzio. Ovviamente mi riferisco alle minacce politiche di Miccichè all’indirizzo di Stefano Santoro, colpevole di voler assicurare la piena legalità degli atti alla Fondazione Orchestra sinfonica siciliana; un comportamento, quello di Miccichè, che stigmatizzo e che mi porta a manifestare la piena solidarietà al presidente del cda della Foss’.
Una polemica politica che si aggiunge ai guai non di poco conto per l’ente che riguardano proprio conti,s pese e inchieste
Dal 2021 la Foss dovrà, infatti, pagare una rata annuale di 620.500 euro come quota capitale del debito contratto con la Regione siciliana che per salvare la Fondazione, due anni fa, ha concesso un mutuo a tasso agevolato, pari a 7 milioni di euro, a valere sul fondo di rotazione per gli interventi straordinari (Ris). Il mutuo è in corso di rimborso e al momento la Foss sta pagando le quote di preammortamento.
Il piano di ammortamento, si legge nella relazione dell’ex comCmissario ad acta della Foss Giovanni Riggio, prevede la restituzione complessiva di 7,655 milioni di euro, con rate che ammontano, a partire dal 2021, a 650.500 euro circa all’anno.
Come proventi di botteghino, la Foss l’anno scorso ha incassato 518.364 euro, somma che quindi non sarebbe bastata a coprire la rata di mutuo. “Appare evidente – si legge nel documento trasmesso anche alla Corte dei Conti – che ciò non significa che la situazione debitoria della Foss è stata eliminata. Piuttosto grazie all’intervento finanziario della Regione siciliana, che dovrebbe essere sostenuto parallelamente da una gestione oculata, solo al saldo dell’ultima rata di mutuo, del dicembre del 2032, potrà affermarsi che la Foss è risanata.
Indicato con “bollino rosso” perché “da impiegare in specifici progetti di utilità collettiva con finalità di recupero sociale”, un lavoratore del bacino ex Pip, che “avrebbe dovuto essere impiegato al di fuori degli uffici amministrativi”, “risulta invece essere incaricato in ruoli e responsabilità da impiegato”, con “un ruolo di particolare rilievo”.
E’ quanto si legge nell’esposto che l’ex commissario ad acta della Foss, Giovanni Riggio, ha inviato sei giorni fa alla Procura della Corte dei Conti, documento che aveva già consegnato lo scorso marzo all’attuale Cda della Fondazione orchestra sinfonica siciliana e agli uffici dell’assessorato al Turismo.
Nella relazione, in mano ai magistrati contabili, c’è scritto che “l’ex Pip assegnato alla Foss, con ordini di servizio del 2016, assistesse il sovrintendente (l’ex Giorgio Pace) assicurando supporto altresì agli apparati informatici e tecnici e dal 2017 all’ufficio di produzione e alla direzione artistica che la Foss ha esternalizzato nel 2018 a favore dell’associazione Vanguard”.
L’ex commissario, che ha scritto a diversi organismi competenti già da gennaio scorso, segnala di avere fatto approfondimenti per capire se l’ex Pip avesse un ruolo nell’associazione e di avere trovato resistenze da parte dell’ufficio amministrativo della Fondazione.
Ma l’esposto dell’ex commmissario ad acta è ricco di contenuti. Non solo avrebbe percepito un compenso di 120 mila euro, superiore al tetto stabilito di 100 mila euro, ma all’ex sovrintendente della Foss, Giorgio Pace, la Fondazione avrebbe fatto firmare un contratto di lavoro da dipendente, a tempo determinato (dall’1 aprile del 2016 al 31 marzo del 2019), “oltre la scadenza del mandato del Cda che lo ha nominato, in apparente difetto delle previsioni dello Statuto”, applicando “le norme dei dirigenti d’industria”.
Per l’ex commissario, “questa circostanza solleva non pochi dubbi sulla correttezza della scelta adottata, stante che essendo il sovrintendente organo di governo della Foss il conferimento dell’incarico avrebbe dovuto avvenire in modalità diverse (collaborazione, contratto d’opera) e sottoposto ai limiti economici imposti dalla normativa che regola il trattamento economico degli organi di governo di istituzioni/enti/organismi con le soglie imposte dal combinato disposto delle normative nazionale e regionale”.
“Ma ammesso che fosse possibile stipulare un contratto di lavoro dipendente – si legge nell’esposto – non si comprende perché applicare quello dei dirigenti d’industria e non quello delle fondazioni lirico sinfoniche; inoltre in precedenza gli ex sovrintendenti sono stati incaricati con contratti di collaborazione, contratto d’opera”.
Inoltre, l’ex sovrintendente, che era andato in pensione durante l’incarico, non lo avrebbe comunicato alla Foss per cui avrebbe percepito indebitamente, da qual momento, le retribuzioni perché in base alla legge Madia avrebbe dovuto svolgere la mansione a titolo gratuito, come sta avvenendo alla Fondazione San Carlo di Napoli, dove pace ha avuto un incarico. Nel Cda che aveva nominato Giorgio Pace sedevano due dei consiglieri di amministrazione che sono in carica anche nell’attuale Consiglio: Sonia Giacalone e Giulio Pirrotta.
Tornando ai numeri, nell’esposto si legge ancora che dai dati si evince che la Fondazione orchestra sinfonica siciliana si regge in piedi solo grazie ai contributi pubblici: la maggior parte li versa la Regione, 8,1 milioni di euro. Dal Mibac, l’anno scorso, sono stati assegnati 1,2 milioni, 648.308 dal Furs, 41.499 dal Vvff. Gli incassi al botteghino sono stati pari a 518.364,63 euro, mentre 112.123 euro dalle visite guidate, di quest’ultimi il 50% è andato alla società affidataria del servizio.
“Emerge chiaramente – si legge nell’esposto – che il 94% delle entrate sono contributi pubblici e circa il 6% entrate proprie”. Quasi la metà delle risorse viene utilizzata per pagare il personale: 4,9 milioni di euro. In totale i dipendenti della Foss sono 112, di cui 26 amministrativi, 9 tecnici e 77 orchestrali: per contratto il personale percepisce 14 mensilità più il premio di produzione; inoltre alla Foss sono impiegate 39 persone appartenenti al bacino degli ex Pip.
Intanto La Regione siciliana ha acquisito a proprio patrimonio Villa Napoli, bene storico, tra Corso Calatafimi e via Michele Titone a Palermo, di proprietà della Foss, con lo scopo di valorizzarlo avviando opere di manutenzione. Alla Fondazione orchestra sinfonica siciliana sarà attribuito un altro bene regionale, di pari valore, come si legge nella delibera approvata qualche giorno fa dalla giunta Musumeci. Oltre a Villa Napoli, la Foss ha in portafoglio un altro bene immobile, si tratta di un vecchio magazzino un tempo utilizzato come deposito ma ormai in disuso. Il vecchio Cda aveva messo in vendita il magazzino, che si trova in corso dei Mille a Palermo, ma l’operazione fu bloccata dal commissario ad acta che nel frattempo era subentrato al Consiglio.
Nel frattempo, l’ex sovrintendente Pace risponde negando ogni addebito. “Cominciamo col chiarire una questione: ho raggiunto l’età pensionabile, ma tutt’ora non percepisco alcuna pensione. Quando mi accusano di sommare la mia retribuzione all’assegno di quiescenza, dicono il falso. In ogni caso, il mio contratto non l’ho redatto io, ma il presidente del Cda che mi ha nominato nel 2016”.
Così Pace, sovrintendente della Fondazione orchestra sinfonica siciliana dall’1 aprile 2016 al 24 dicembre 2018, commenta l’esposto presentato alla Corte dei conti.
Sull’impiego di un lavoratore ex Pip nell’attività amministrativa della Fondazione Pace, spiega che si trattava di “una persona particolarmente abile a lavorare al computer, che riportava in formato digitale dati e tabelle. Un semplice esecutore che non ha mai preso alcuna decisione di merito e che ho valorizzato per le sue competenze informatiche”.
Nell’esposto si parla di “affidamenti sotto soglia” per i quali non sono previste gare. “Quale sarebbe il reato? Ho realizzato una biglietteria per far pagare l’ingresso ai visitatori del teatro Politeama, riuscendo a portare nelle casse della Fondazione 120 mila euro. Avrei dovuto rinunciare a questa attività proficua per la Foss?”.
Pace – attualmente direttore amministrativo del San Carlo di Napoli, rivendica il risanamento portato avanti: “Mi accusano di aver contratto un mutuo di 7 milioni, a tasso zero, con la Regione siciliana (stessa operazione che ho fatto allo Stabile di Catania), che si estinguerà nel 2032. Quando sono arrivato alla Foss ho trovato 12 milioni di debiti e per due anni ho lavorato sui conti. Ho rottamato cartelle esattoriali per circa 5 milioni, riducendo così l’ammontare del debito; ho pagato i dipendenti che non ricevevano stipendi; ho rilanciato l’attività, come si evince dalle iniziative fatte. Ho messo mano alla montagna di carta accumulata senza criterio e che produceva caos su caos. Si pensi che nel 2013 il collegio dei sindaci rifiutò di sottoscrivere il bilancio, che era falso, come ho già detto in altre occasioni”.
“Per il mio lavoro avrei meritato un grazie – conclude – Invece sono prima stato mandato via e ora insultato. Ma non starò a guardare”.
Commenta con Facebook