Alcune telecamere hanno ripreso la prima sparatoria in Corso dei Mille e poi la spedizione punitiva finita con la morte di Giancarlo Romano in via XXVII Maggio a Palermo.

Ecco il film dello scontro a fuoco tra Camillo Mira e Alessio Salvo Caruso, che culminerà mezz’ora dopo nell’omicidio di Romano e nel ferimento dello stesso Caruso, ricoverato in gravi condizioni all’ospedale Buccheri La Ferla. Un regolamento di conti come nel Far West, davanti a tutti, in mezzo alla strada e senza avere alcuno scrupolo di colpire un passante, un innocente.

Il dissidio era nato lo stesso giorno, quando uno dei figli di Camillo Mira, Pietro, viene picchiato: non aveva pagato il pizzo per la sua attività sulle puntate sportive clandestine. Il padre cercava vendetta, come ha documentato la drammatica sequenza del primo agguato, rimasta impressa in un video da cui sono stati estrapolati alcuni impressionanti fotogrammi in cui si vedono due gruppi di persone che si sfidano armi in pugno. La ricostruzione è stata possibile grazie alle immagini del sistema di sorveglianza installato vicino a un’agenzia di scommesse di corso dei Mille: alle 17.53 arriva la Jeep Compass di colore scuro da cui scendono prima Antonio e poi Camillo Mira. Quest’ultimo ha la mano destra dietro la schiena perché sta impugnando la pistola: l’obiettivo è Caruso, che è fermo davanti alla porta. Ma il luogotenente di Romano, che aveva capito tutto, gioca d’anticipo e spara al suo aggressore: lo manca e scappa, anche se rimane ferito al braccio perché, nel frattempo, anche il suo rivale aveva esploso alcuni colpi contro di lui.

Pochi minuti dopo, alle 18.03, un’altra telecamera lo inquadra, a bordo di uno scooter, davanti alla rivendita di tabacchi di Romano: i due parlano, poi con un’Honda Sh vanno via, seguiti da altri compagni anche loro in sella ai motorini. Cercano i Mira per la vendetta in via XXVII Maggio, ma vengono sorpresi e attorno alle 18.20 il boss muore: probabilmente a sparare è stato Camillo Mira, anche se la pistola non è stata trovata. Caruso invece, rimasto a terra in fin di vita, viene trasportato in ospedale per essere sottoposto a un delicato intervento chirurgico all’addome. A pochi metri di distanza dal luogo del delitto viene ritrovata la Jeep dei Mira e le loro case vengono perquisite: nell’abitazione del padre gli investigatori trovano un borsello con le chiavi dell’auto e quasi 1.500 euro in contanti.

Camillo era stato fermato quando era rientrato nel suo appartamento – verso le 21.40 – con una ferita da arma da fuoco alla gamba sinistra, già medicata, e un’altra al pollice della mano sinistra. A casa di un altro figlio, dentro la lavatrice, c’erano gli abiti che indossava Antonio al momento del conflitto a fuoco. Il duello rusticano ha un precedente quasi speculare nell’omicidio di Mirko Sciacchitano, assassinato in via Falsomiele per rappresaglia, a 29 anni, nel pomeriggio del 3 ottobre 2015, mentre si trovava per caso in compagnia di un amico, rimasto ferito ed estraneo al contesto. L’omicidio fu seguito e ricostruito in diretta dal Ros dei carabinieri, che indagava sulla cosca di Santa Maria di Gesù e aveva disseminato il quartiere di telecamere e microspie. Furono ripresi così i movimenti dei protagonisti della spedizione punitiva, portata a termine nel giro di tre ore, dopo il ferimento di Luigi Cona, sorpreso nella sua rosticceria di via dell’Allodola. L’uomo, ritenuto inserito nel mandamento, fu gambizzato da Francesco Urso, figlio di un «reduce» di via D’Amelio, Giuseppe, ingiustamente condannato sulla base delle accuse di Vincenzo Scarantino. All’agguato nel locale di Cona partecipò pure Sciacchitano, che non si sa se sparò o meno: quando fu ritrovato cadavere aveva addosso tracce di polvere da sparo. In poche ore lo trovarono e lo uccisero.

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