Martedì 22 maggio i giudici della Corte Costituzionale saranno chiamati a decidere sulla incompatibilità della carica di deputato regionale di chi ha una condanna definitiva di danno erariale nei confronti dell’amministrazione. Tutte le regioni, comprese quelle a statuto speciale, infatti, in linea con la normativa quadro nazionale includono tra i motivi che impediscono a una persona di candidarsi nelle assemblee regionali e, di conseguenza, di mantenere la carica se eletti, la condanna definitiva per danni economici nei confronti di enti pubblici non ancora rimborsati.
La Sicilia, infatti, è l’unica regione italiana a non ricomprendere nella propria normativa elettorale tale previsione. Ed infatti, nonostante la Corte dei Conti abbia più volte richiamato la politica siciliana ad una corretta gestione della cosa pubblica, Palazzo dei Normanni ha scelto di non recepire la normativa nazionale consentendo a persone condannate per danno erariale di candidarsi all’Assemblea regionale siciliana. A sollevare per primo il problema è stato lo scorso anno l’on. Pino Apprendi che, difeso dagli avvocati Francesco Leone e Simona Fell, si è rivolto al Tribunale di Palermo affinché questi assumesse una posizione sulla vicenda. La risposta del giudice è stata un’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale in quanto, secondo il Tribunale, la legge elettorale regionale presenterebbe dei manifesti profili di incostituzionalità. Ora la parola spetta alla Consulta che potrebbe cancellare la legge attraverso la quale è stata eletta l’attuale Assemblea. In caso di accoglimento del ricorso gli effetti sull’Ars potrebbero essere infatti dirompenti: tutti i deputati eletti con una condanna di danno erariale alle spalle, potrebbero decadere automaticamente trasformando la geografia politica dell’assemblea.
“Ci si aspetta che la Corte Costituzionale metta un punto definitivo alla vicenda – spiega Pino Apprendi, che durante la scorsa legislatura aveva presentato un emendamento “per adeguare la legge regionale in materia d’incompatibilità dei deputati alla normativa nazionale prima dell’intervento (oggi imminente, ndr) della Corte costituzionale. Avrei preferito che questa responsabilità se la prendesse direttamente la politica, ma proprio la politica ha bocciato il mio emendamento sull’incandidabilità, dimostrando incapacità di adeguamento al principio di trasparenza”.
“Quali saranno le conseguenze non posso saperlo – continua Apprendi – ma se dovessero esserci deputati eletti, condannati in via definitiva dalla Corte dei Conti, dovrebbero di certo risarcire il danno per mantenere il proprio posto all’Ars o, in alternativa, dimettersi”.
A spiegare i reali effetti di una pronuncia positiva della Corte Costituzionale sono Francesco Leone e Simona Fell dello studio legale Leone-Fell & Associati che hanno seguito l’intero iter. “Riteniamo che ci siano ottime possibilità di vincere – dichiarano i legali – perché il giudice ha ammesso le nostre richieste affermando implicitamente che questo unicum non è giustificabile neppure davanti al potere legislativo che ha la Regione Siciliana. Se così fosse, la Sicilia non sarà più una ‘Repubblica delle banane’, ma tornerà a essere una Regione uguale alle altre, incarnando finalmente i principi di trasparenza e legalità finora solo decantati”.
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