La ricreazione è finita. Possiamo ricominciare ad occuparci delle nostre miserie quotidiane. Palla al centro, fischio dell’arbitro e si ricomincia con il solito tran tran. Con la Dea Eupalla che si riprende la scena.
Quest’anno nel club dei grandi del calcio – come già ho raccontato in altro post – mancherà il Palermo, che si prepara a scrivere leggendarie pagine di sport nei campetti polverosi delle periferie siciliane. Sembra un film già visto, per il semplice fatto che lo è. Non so come la pensiate voi, ma questa estate sul punto di concludersi, lascia un senso di dejavù. E’ come se le lancette di un orologio si fossero fermate in un momento definito dello spazio/tempo, per far sì che tutto ciò che accade si riproponga ciclicamente, in un costante loop di fatti già sentiti, crisi già annunciate e cose che non funzionano ora, come non funzionavano cento anni fa, e probabilmente non verranno messe a posto mai e poi mai.
Di sicuro, come a voler certificare le profezie apocalittiche, i tempi si vanno accorciando. Tutto si svolge più rapidamente. Così, l’anno bellissimo, promesso dal governo gialloverde, è durato appena otto mesi. La crisi, però, ha assolto una funzione “didattica”. Ci mostra, plasticamente, come nulla sia cambiato: neanche il tempo di rimettere piede a Palazzo Chigi, che già le correnti del PD si trasformano in tsunami, neanche il tempo di presentare uno straccio di accordo politico al presidente Mattarella, che già volano gli stracci. In fondo, questo costante clima di assedio è quasi rassicurante, perché è familiare, è il profilo esatto di ciò che l’italiano medio pensa di sé e degli altri: colpe e responsabilità sono sempre altrove, pronte a ricadere sempre su qualcuno che non sia tu stesso. Per, finalmente, fingere di occuparci di tutti quei problemi mai risolti e cercarne, invano, disperatamente, distrattamente, un responsabile.
E visto che l’estate è finita, puntuale come le bollette da pagare, arriva la crisi del sistema scolastico. In realtà, si tratta di mera finzione scenica. La scuola, le scuole siciliane, non sono in crisi, non hanno problemi, vanno benissimo così come sono, praticamente da sempre. Ce lo ricordava, qualche tempo fa, Maria Luisa Altamonte, per otto anni direttore dell’ufficio regionale scolastico in Sicilia: “Discutiamo di problemi vecchi che esistono nel nostro territorio da secoli tanto quanto la questione meridionale. La scuola non è una monade e dipende dal territorio. La scuola siciliana può crescere se la Sicilia cambia”. Non fa una piega. In una terra come la Sicilia, con le periferie abbandonate, con il sistema economico e sociale da anni sul punto di collassare, perché mai le scuole dovrebbero o potrebbero avere delle qualità migliori? La formazione che offriamo ai nostri figli è lo specchio dei nostri vizi, delle nostre miserie e, in taluni rari casi, delle nostre virtù.
Così, parlando dell’anno scolastico che si avvicina, per una volta, vesto i panni del profeta. Non ho doti divinatorie, ma so per certo quali saranno i temi cardine sulla scuola siciliana, nelle prossime settimane. Si parlerà e si scriverà di crisi sistemica, annunciando che il livello complessivo degli studenti continua a scendere. I dati dell’anno scorso spiegavano che nell’ultimo triennio la popolazione scolastica siciliana ha un saldo negativo di ventottomila alunni. Non nascono figli, chi pensate debba andare a scuola? La curva, quindi, scenderà ancora. Passiamo ai dati sulla dispersione scolastica. Vantiamo un record quasi mondiale che difficilmente ci verrà strappato: in Sicilia, il 23,5 % dei ragazzi fra 18 e 24 anni è fuori dai percorsi d’istruzione e di sicuro non lavora.
Altro punto dolente che verrà nuovamente titillato è quello sull’edilizia scolastica. Sono già preparato a leggere nuovamente gli allarmi sul fatto che degli 4200 edifici scolastici siciliani, soltanto 1680 vengono utilizzati per le attività. La restante parte è inattiva o comunque non associata ad attività scolastiche. E ancora di più, si premerà il piede sull’acceleratore, ricordando a tutti – prassi ormai più che ventennale – che l’80 per cento dei siti scolastici siciliani è in pessime condizioni. Verranno snocciolate, come grani di un rosario, cifre e statistiche che conosciamo a menadito e non cambiano sostanzialmente mai: gli edifici scolastici siciliani dotati di certificazione antincendio sono appena il 14%, di cui il 10% con nulla osta provvisori, il 56,2% degli edifici adibiti a funzioni scolastiche è privo di certificato di collaudo e che il 65,6% non è adeguato alle normative antisismiche. Il 45,8%, invece, risulta costruito tra il 1946 e il 1975. Solamente il 28,2% degli immobili è accatastato, mentre gli edifici senza una verifica sismica sono il 73,9% e quelli con collaudo statico sono appena il 44%. Manca qualcosa? Sì, il caro libri. Ma sembra, che per risparmiare sui quasi 500 euro di obolo che tocca in media pagare per ogni studente, da quest’anno vengano in soccorso alle famiglie le grandi catene di distribuzione. Sconti e promozioni, libri da acquistare sui volantini come salami o detersivi. E adesso la pubblicità…
Commenta con Facebook