L’estate sta finendo. Ce ne faremo una ragione, con la speranza di poter archiviare al più presto questo orribile 2020. Non sarà facile, perché da ora in poi, dovremo fare i conti con la ripresa dei contagi da covid 2019 e con i nodi che stanno arrivando al pettine: la riapertura delle scuole (che si annuncia come una corsa ad ostacoli per milioni di famiglie italiane) ed i dati del mondo reale, con la crisi di imprese, lavoro e commercio.
Una crisi che si riflette direttamente, con conseguenze drammatiche, sui dati della finanza pubblica. Neanche durante la seconda guerra mondiale si era registrato un crollo economico così devastante. Le ferite di questa pandemia saranno difficili da sanare. La Sicilia, poi, ha visto crollare la sua già fragile congiuntura economica e finanziaria. Andiamo con ordine.
Abbiamo sperato che la bella stagione mettesse definitivamente ko il virus. Non è accaduto. Le “grandi vacanze” e le mega feste – come se non ci fosse domani – hanno fatto ripartire focolai infettivi in tutto il paese. Si illude chi sostiene che il problema sanitario sia risolto.
I dati del turismo italiano, poi, sono la fotografia di un disastro annunciato. Il mercato italiano ha perso 65 milioni di presenze rispetto al 2019. Parliamo del 30 per cento in meno. Quali ripercussioni si possono prevedere: secondo Istat, il sessanta per cento di alberghi e ristoranti rischia la chiusura. A rischio ci sono 800 mila posti di lavoro. Il mercato ha limitato le perdite nel mese di agosto, ma tutte le misure messe a punto per salvare il salvabile si sono dimostrate inefficaci. Anche il bonus vacanze è stato un mezzo flop: non tutte le strutture alberghiere lo hanno accettato, perché, diciamolo a chi lavora servono risorse concrete e a ben poco serve il credito d’imposta se sei sul punto di chiudere.
Sono i dati generali del sistema Italia a mettere i brividi. Nei grafici dell’Unione Europea che disegnano le previsioni economiche per il 2020 e il 2021, l’Italia è il paese colorato con maggiore intensità. E’ un primato nefasto, perché secondo la Ue a fine anno in Italia registrerà un calo del prodotto interno lordo dell’11,2%, un crollo verticale mai censito dalle statistiche dell’Istat e che annienta il precedente record del -6,6% del 2009.
Numeri reali alla mano, significa che se l’anno scorso il pil italiano è stato di 1.787 miliardi di euro, a fine 2020 si attesterà a 1.586 miliardi. Una perdita secca di oltre 200 miliardi. Il primo effetto da temere è quello del livello occupazionale, e la Sicilia è tra le regioni che rischia di più, con centinaia di migliaia di posti di lavoro che rischiano di essere cancellati per sempre
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