“Chi lavora ha diritto al ricongiungimento familiare“: questo è sintesi il pensiero della delegazione di lavoratori immigrati che ha protestato questa mattina davanti alla Prefettura di Palermo. Un sit-in pacifico, con musica e colori, ma che nasconde in sè un tema decisamente triste. I cittadini infatti lamentano le eccessive lungaggini burocratiche nelle pratiche necessarie a portare i propri congiunti in Italia. Iter che si dovrebbe chiudere, secondo la legge, entro sei mesi ma che finisce spesso per bloccarsi fra uffici e nulla osta da richiedere nei paesi di origine.
Le voci della protesta: “Alcuni non vedono famiglia da anni”
Un tema che coinvolge infatti diverse comunità: da quella bengalese a quella indiana, passando per le rappresentative africane. “La legge dà la possibilità a chi è in regola con il lavoro di chiedere il ricongiungimento familiare – racconta un manifestante originario del Ghana -. Il problema è che noi presentiamo la pratica. La Prefettura dà l’ok, ma nel momento in cui la pratica arriva nelle ambasciate italiane dei relativi paesi si blocca. E non è un bene perchè, secondo la legge, la pratica si deve concludere entro sei mesi. Per questo abbiamo deciso di venire qui oggi, per consegnare le nostre istanze al Prefetto in modo che possa comunicarle a Roma. Considerate che solo la comunità ghanese a Palermo conta 3500 residenti. Ma il problema logicamente si estende a tutte le comunità straniere”.
Situazioni che portano inoltre i lavoratori a rimanere forzatamente separati dai propri affetti, dai propri congiunti o dai propri figli. “Lavoro in un patronato – racconta un ragazzo ai nostri microfoni -. Conosco bene la realtà in questione. In Ghana succede di tutto. Non c’è neanche la possibilità di accedere agli uffici per presentare la domanda del nulla osta. Conosco assistiti che, dopo sei mesi, gli è scaduto il certificato. E’ una situazione imbarazzante. Ci sono persone che non vedono i familiari da anni. Parliamo anche di tanti minori, che non vedevano i loro genitori da diverso tempo. I lavoratori ottengono i certificati, ma la pratica si blocca in ambasciata”.
Il Sinalp: “Lavoratori immigrati hanno diritto a rivedere famiglie”
Un tema sul quale il sindacato regionale Sinalp ha indetto un sit-in questa mattina in Prefettura. A spiegare le ragioni della protesta è il segretario regionale Andrea Monteleone. “Questi lavoratori operano tutti con un contratto in regola. Sono presenti in Italia da anni. Si sono integrati, hanno le loro abitazioni. Hanno dimostrato di avere un reddito idoneo per far vivere l’intera famiglia. Inoltre, hanno ottenuto il nulla osta, però la pratica si ferma nelle ambasciate italiane nei paesi esteri. Con questa manifestazione vogliamo capire il perchè succede tutto ciò”.
Fatto che logicamente comporta delle limitazioni nella vita di tutti i giorni, come spiega Davide Grasso. “Noi vogliamo favorire l’integrazione. Chiediamo, a questo proposito, che i tempi per il ricongiungimento familiare si riducano. Loro, come tutti noi, hanno diritto a vivere una vita familiare serena nel tempo”.
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