L’11 aprile scorso il Presidente Nello Musumeci, nella qualità di assessore ad interim dei Beni Culturali dopo la tragica scomparsa di Sebastiano Tusa, ha firmato i decreti per l’istituzione degli ultimi otto parchi previsti dalla legge 20 del 2000. “Fra gli obiettivi prioritari del governo regionale”, “una delle mission più significative del Governo Musumeci”, è stato sottolineato con enfasi nel comunicato stampa. Ma è davvero così?
L’abbiamo chiesto alla storica dell’arte e giornalista Silvia Mazza, che “BlogSicilia” ha più volte sentito in passato sull’argomento, definita dall’ex soprintendente di Siracusa Beatrice Basile “la più acuta studiosa della formazione dei parchi siciliani”.
Finalmente, dopo 19 anni, “si conclude l’attuazione del sistema dei Parchi archeologici”, ha detto il Governo. Cosa ne pensa?
Che ha detto male. Aver istituito i parchi non significa aver dato vita a quel “sistema” previsto dalla legge 20 del 2000. Che non norma “solo” l’istituzione dei singoli parchi, ma che li concepisce come inquadrati in un sistema, appunto, in una dimensione più ampia d’interconnessione, per generare economie di scala, che significa poter condividere servizi, strumentazione e competenze professionali. Concetti con i quali abbiamo familiarità oggi, quelli di “sistema” e di “economie di scala”, ma che fanno della legge sui parchi una legge straordinariamente moderna per l’epoca. E che tale resta tuttora, dato che nello Stato non è contemplato un “sistema dei parchi”. Si potrà, quindi, parlare di “sistema” solo quando sarà istituito un Servizio centrale di coordinamento e si attuerà il progetto Sipa, Sistema informativo dei parchi archeologici, già previsti quasi venti anni fa. Ma prima di parlare di azioni future, resta tutto da rivedere quanto fin qui fatto, male, malissimo. Ma diversamente non poteva essere visto che la storia dei parchi è segnata da premesse e sviluppi contraddittori, sia sotto il profilo amministrativo che politico.
Si riferisce alle diverse irregolarità nei decreti dei parchi che lei stessa ha segnalato nel tempo, secondo lei dovute a difformi interpretazioni del testo legislativo? Proprio dalle nostre colonne questa estate aveva denunciato il caso di Segesta, guidato da un dirigente inquadrato, anche economicamente, alla stregua di quelli dei parchi già fatti, pur non essendolo, e smentito l’annuncio del presidente Musumeci dell’istituzione di Pantelleria. Ma con la ratifica del Consiglio Regionale dei Beni Culturali nella seduta del 30 gennaio scorso le eventuali irregolarità pregresse sono state sanate e si è dato il via libera a tutti i parchi rimanenti. Tutto a posto, no?
Niente affatto. Intanto è la conferma che avevo ragione, se appena il giorno dopo la mia denuncia lo stesso Musumeci si era affrettato ad annunciare l’istituzione di Segesta. Ma la firma del decreto porta, singolarmente, la data del 29 agosto… Altra conferma è quella che i parchi di Segesta stessa e Piazza Armerina erano nati senza l’obbligatorio parere del Consiglio, altrimenti che bisogno c’era di ratificarne l’istituzione di qualche mese prima se era stata fatta con tutti i crismi? Anzi, peggio, pur di salvare le apparenze si era finiti per recuperare il parere dato dal Consiglio nel lontano 2001, ma che allora veniva richiesto per tutt’altra questione: se ti chiedo un consiglio su un viaggio ai Caraibi, non mi serve una risposta generica su Maldive e Mauritius. Per soddisfare un imperativo politico non ci si è fatti scrupolo di ricorrere a un “trucchetto”. Ancora una conferma: Pantelleria era stata solo reinserita nell’elenco dei parchi, ma resta quest’altro mistero pure sulla data di firma del decreto. Alla cerimonia, con tanto di foto insieme al vicepresidente Gaetano Armao e il dirigente generale Sergio Alessandro, è un mistero cosa stesse in realtà firmando l’assessore Tusa, dato che quel decreto reca la data del 13 settembre successivo. E per Pantelleria non è ancora finita: il 4 aprile scorso Musumeci ha finalmente firmato davvero l’istituzione. Ma senza che l’iter procedurale richiesto dalla legge fosse stato completato! Perché l’iter avviato tra il 2010 e il 2011, a cui rinvia il decreto Musumeci, era stato annullato dal decreto Sgarlata di rimodulazione del sistema dei parchi (2013). Recepiva la nota della Soprintendenza di Trapani che chiedeva di non mantenere il parco di Pantelleria perché “appare difficoltosa la perimetrazione e la zonizzazione del parco. Le aree archeologiche di Pantelleria… difficilmente potrebbero essere assimilate agli altri parchi archeologici regionali”. Ebbene, il superamento di tutte queste “difficoltà” non appare da nessun atto del Governo Musumeci.
Se Pantelleria sembra non aver pace… la seduta del Consiglio del gennaio scorso è servita proprio a questo, no? Ad acquisire il parere senza il quale non si poteva procedere all’istituzione dei parchi.
Ho già scritto che quella seduta del Consiglio non è stata altro che una ‘sanatoria’ delle situazioni di irregolarità e una scorciatoia in barba alla legge che norma la materia dei parchi archeologici. Ha presente la sanatoria edilizia volta a rendere legittima una costruzione abusiva? Quella seduta è stata qualcosa di simile a un’autorizzazione a sanatoria, cioè conseguita dopo aver compiuto l’atto da autorizzare. Ma, dico, c’è davvero chi sia disposto a credere che in poche ore siano state studiate le carte, passate in rassegna tutte le perimetrazioni relative ai parchi di Leontini, di Lilibeo – Marsala, delle isole Eolie, di Himera, di Solunto, di Monte Jato, di Camarina, di Cava D’Ispica, della Valle dell’Aci, di Morgantina, di Eloro – Villa del Tellaro, di Siracusa, di Gela e di Tindari? E se anche fosse, peccato che la legge regionale che norma la materia richieda che gli esperti si esprimano, in sedute dedicate, sui singoli casi, mentre è avvenuto che si è dato il via libera, in una sola, a ben 15 parchi. Non ce n’era bisogno, era già avvenuto nel 2001, col decreto di istituzione del sistema dei parchi archeologici dell’allora assessore BBCC Fabio Granata, lo stesso che ha firmato la legge 20/2000, anche se il Governo evita di ricordarlo. Con un testo così contraddittorio e carente sembra quasi che l’ex leader di #DiventeràBellissima abbia posto vent’anni fa le basi per dare qualche problema a Musumeci che anni dopo l’avrebbe “scaricato”!
Il problema, dunque, sta soprattutto nella legge?
Certo, alla mancata attuazione dei parchi hanno concorso responsabilità amministrative e politiche, ma un testo di legge che ha offerto il destro a interpretazioni di volta in volta diverse, non ha sicuramente agevolato chi si è misurato con questa materia. Ci troviamo difronte al caso paradossale per cui c’è una legge di riferimento, ma se lei mi chiedesse come sono stati istituiti i parchi fino ad oggi non potrei darle una risposta univoca.
Allora glielo chiedo, come si fa un parco archeologico?
Domanda da un milione di dollari. Nello Stato sono bastati due decreti dell’allora ministro Dario Franceschini per istituire nel 2016 sette parchi, dotandoli a breve giro dell’autonomia speciale, prevista pure per quelli siciliani. Per questi ultimi, invece, la legge 20 prevede un’articolata istruttoria, che può essere ridotta a due step: un decreto di perimetrazione e un decreto di istituzione vera e propria. Vincolante l’acquisizione del parere del Consiglio, di questi tecnici convitati di pietra mal digesti alla politica. Ma quando acquisirlo? Qui iniziano i guai. C’è chi ritiene al momento dell’istituzione del parco, come fatto per Naxos nel 2007, e adesso, ma in un colpo solo, per i decreti firmati da Musumeci; chi già in fase di perimetrazione del parco, ovvero di individuazione delle zone che lo delimitano (come per Segesta, Selinunte). C’è poi chi si è dimostrata in preda alla confusione più totale, come l’ex assessore di Crocetta Mariarita Sgarlata, a cui dobbiamo tutte le decretazioni che compongono lo scenario caotico ereditato da Musumeci. L’attuale consigliera del Ministro Alberto Bonisoli, aveva intanto perimetrato, lasciando poi a chi li avrebbe fatti veramente questi parchi il balzello dell’ingombrante parere dell’organo consultivo, salvo però smentirsi con l’istituzione di Selinunte (2013), in cui viene fatto valere il parere del Consiglio risalente a anni prima, proprio in fase di proposta di perimetrazione da parte della Soprintendenza, mentre, al contrario, ha perimetrato Segesta, passando dritto sopra la bocciatura del Consiglio. C’è una legge, dicevamo, ma non si sa nemmeno se il parere del Consiglio vada acquisito anche quando si tratti di modificare l’elenco dei parchi: nel 2001 fu acquisito, poi la Sgarlata ne ha fatto a meno nel 2013 e nel 2014, così Vermiglio 2017 e ancora Tusa nel settembre scorso. Una volta se n’è tenuto conto, l’altra no. In base a cosa? Che la legge lo richieda lo conferma nel decreto 2013 di prima, con la solita “coerenza”, la stessa Sgarlata (va “richiesto ai sensi del comma 2, art. 20, l.r. 2000”), salvo in quell’occasione stessa prescinderne.
Sono passaggi tecnici, difficili da cogliere per un comune lettore. Può essere più chiara?
Trucchetti, leggi aggirate, interpretate “creativamente”: a questo prezzo i parchi li si sarebbe potuti fare già da molti anni, senza aspettare questo Governo. E si badi bene, non si tratta di cavilli burocratici, ma dell’ipoteca che si è posta sui parchi neonati, che li rende vulnerabili in quanto annullabili in via giudiziaria, qualora i privati, come già sperimentato a Siracusa, volessero ricorrere al Tar per far valere i propri interessi.
Proprio Siracusa fino all’ultimo è stato il parco più contrastato. Quindi, secondo lei anche questo è “vulnerabile”?
Non anche, ma soprattutto! Per un solo parco, uno solo, in sede di Consiglio si è ritenuto di esprimere riserva, perché pare che solo le carte ad esso inerenti richiedessero di essere lette con attenzione. Attenzione che tutti gli altri parchi non meritavano.
Ma il parco di Siracusa è stato istituito da Musumeci esattamente come tutti gli altri, col parere del Consiglio del gennaio scorso. O sta dicendo forse che non è così?
Sto dicendo che nella “sedutissima” di gennaio, per il solo parco di Siracusa è stato espresso un parere con riserva. Nel decreto, e ormai sappiamo della leggerezza e sbrigatività con cui si è decretato in materia, leggiamo che “con verbale del 30 gennaio 2019 il Consiglio regionale dei beni culturali e ambientali ha espresso parere favorevole, ai sensi dell’art. 20 commi 2 e 7 della L.R. 3 novembre 2000 n. 20”. I documenti del Consiglio non sono resi pubblici, diversamente da quanto avviene per l’omologo organo del Mibac, il Consiglio Superiore, e già questo la dice lunga sulla trasparenza amministrativa. Abbiamo, però, prove indirette che l’acquisizione del parere definitivo era stata rinviata ad altra seduta, mai tenuta dopo la scomparsa dell’assessore Tusa. Che proprio il parco di Siracusa fosse, infatti, sub judice lo segnalavano, tra gli altri, l’ex soprintendente Bice Basile in un’intervista rilasciata alla “Civetta di Minerva”, che commentando quella seduta del Consiglio diceva: “è l’unico ad avere subito uno stop” e soprattutto il sindaco di Siracusa Francesco Italia che aveva scritto una lettera a Tusa (e per conoscenza al presidente Musumeci), dopo averla condivisa con l’intera Giunta. Dal momento che “la creazione del Parco è stata decisa nelle scorse settimane dal Consiglio regionale dei beni culturali ma la sua istituzione (a differenza di altri siti siciliani) è stata sospesa per consentire di un’ulteriore istruttoria prima della firma finale”, il sindaco chiedeva all’assessore di procedere in “tempi quanto mai celeri, definiti e prefissati, sicché, acquisito il parere prescritto, la S.V. possa contestualmente emettere il decreto istitutivo”. Suggerendo, pure, “di volere intervenire con la nomina di figura autorevole di Commissario che possa coadiuvare il Consiglio regionale, o anche sostituirsi parzialmente o totalmente a tale Organo”.
Non sarebbe la prima volta. Già dalla precedente seduta del Consiglio, convocato alla fine della scorsa legislatura da Crocetta, il parere per il parco di Siracusa era stato lasciato in sospeso
Sì, allora la soprintendente Rosalba Panvini aveva espresso riserva sulla possibilità di esprimerlo, e anche Giuliano Volpe, all’epoca presidente del Consiglio Superiore per i Beni culturali e Paesaggistici, e componente di quello siciliano, mi riferiva, lamentando peraltro modalità di convocazione improprie, fatte a ridosso delle riunioni e tali da non avergli consentito di presiedervi, di aver inviato anche “una nota scritta, precisando che riteneva inopportuna la decisione relativa al parco di Siracusa, senza aver potuto esaminare la documentazione e anche per la prossimità delle elezioni”. Quello di Siracusa è l’unico parco che nasce privo di parere. E questo al netto del valore (e della legittimità) che si voglia attribuire a quest’organo, come lei ha ricordato, insediato a fine legislatura dal Governo precedente e resuscitato da quello stesso Musumeci che lo aveva bocciato definendolo “il topolino di Crocetta”. Delle due l’una, o questo parere del Consiglio serve per tutti i parchi oppure non serve per nessuno. Ma non è tutto. Il Consiglio del 30 gennaio scorso aveva espresso parere positivo all’istituzione dei 15 parchi che Tusa si apprestava a firmare nei giorni successivi, ma solo con “provvedimenti successivi” si sarebbe dovuto procedere “all’accorpamento dei Parchi di minore dimensione”: prima i singoli parchi, come richiede la legge, poi gli accorpamenti. Mentre Musumeci ha fatto al contrario, prima accorpato (decreto del 25 marzo), poi istituito 11 parchi, compresi di accorpamenti (decreti dell’11 aprile).
Insomma, una bella matassa da sbrogliare, quando sembrava che si fosse messo un punto definitivo dopo tutti questi anni.
È tutto frutto di aggiustatine in corsa nell’assenza di un chiaro progetto. Dei 20 parchi annunciati dopo quell’ultima seduta del Consiglio, il numero è sceso ora a 14, sempre il doppio di quelli presenti in tutto lo Stato, secondo aggregazioni, per esempio Selinunte con Pantelleria, Villa del Casale con Morgantina, Himera, con Solunto e Monte Jato, dettate solo dalla necessità di contrarre la spesa. Non rispondono, infatti, nemmeno alla definizione di “parchi a rete” delle Linee guida per i parchi archeologici stilate dal Mibac nel 2012, peraltro superate dalla Riforma Franceschini, che, come ho detto, ha seguito altra strada per istituire i parchi. Siracusa, con Eloro e Villa del Tellaro o Catania e Valle delle Aci, come tutti gli altri, si possono ricomprendere forse nella definizione di “aree perimetrate, di dimensioni anche limitate, ma numerose e sparse in spazi residui della città o in contesti rurali destinati a usi differenti”? E, sempre come richiesto per i parchi a rete, quali sono i caratteri tematici (tipologici: templi, ville sepolcri, ecc.; sincronici: ville tardo antiche, ecc.; diacronici: la produzione del vino dall’età romani ai nostri giorni, ecc.) alla base di queste aggregazioni? Quale progetto culturale le riunisce concettualmente? E perché a Siracusa è stato appiccicato Eloro e non Leontinoi, il cui museo nel 2018 (dati ufficiali) ha registrato 0 (zero) visitatori paganti? Su quale autonomia finanziaria si pensa di far leva con questi numeri? “Accorpamenti per impedire che alcuni siti archeologici finiscano nell’abbandono a causa di esigue entrate dovute a un minore afflusso di visitatori”: recita il comunicato ufficiale. Nella recente proposta di riorganizzazione delle strutture del Dipartimento BBCC, entrano in scena i nuovi parchi dotati di un numero di unità operative assolutamente carente ai compiti di gestione di territori e ambiti archeologici notevoli: valga su tutti, ancora, il parco di Siracusa, equiparato, con solo due unità, a quello di Kamarina o Lilibeo. A capo di questo mega parco depotenziato alle origini dovranno piazzarci quanto meno un mega direttore. Mentre primus inter pares resta quello storico della Valle dei Templi, che può contare su cinque unità! Si possono, poi, considerare parchi archeologici quelli della Valle delle Aci o di Pantelleria? Bastava, allora, torno a ripetere, riconsiderare drasticamente il numero dei parchi, lasciare il resto come aree archeologiche (i due ambiti sono distinti dal Codice dei beni culturali, D.lgs. 42/2004), piuttosto che dare alla luce istituti senza un’adeguata dotazione di persone e mezzi per farli decollare finché non saranno in grado di gestirsi autonomamente. Nello Stato si fa diversamente: esiste un fondo di solidarietà del 20% degli incassi che, per legge, i grandi musei e parchi devono destinare ai più piccoli, con un meccanismo di premialità per quelli che dimostrino di saper migliorare le loro performance. Per questo e per molto altro sarebbe servito un Consiglio Regionale degno di questo nome.
Ma si poteva fare diversamente?
È ciò che pensava proprio l’assessore Sebastiano Tusa, prima di essere travolto da logiche e tempistiche che ben poco avevano a che fare col suo profilo di tecnico prestato alla politica. Dava l’impressione di sapere che la sua poltrona fosse in bilico, ripeteva spesso “finché resto”. E che il suo mandato fosse ad orologeria sembra confermarlo anche un articolo di Mario Barresi su “La Sicilia”, in cui il giornalista, il giorno dopo della tragedia dell’aereo Etipia, rivela l’inquietante decisione del Presidente della Regione di nascondere ai siciliani che nel sondaggio Demopolis Tusa era l’assessore più apprezzato dai siciliani. Quella scheda “doveva rimanere riservata”, scrive il giornalista, “Nello Musumeci aveva chiesto di non farla girare, almeno per ora, neanche fra i membri della giunta”. Forse perché sarebbe stato difficile, poi, spiegare la messa alla porta dal Governo dell’assessore più amato dai siciliani? Tusa doveva portare a termine una missione: fare i parchi. Sul come aveva idee ben precise all’inizio: serviva ripensare il Consiglio regionale BBCC come un organo puramente tecnico finalmente, eliminando del tutto la componente politica e riformare la legge 20, migliorando la governance dei parchi e introducendo misure volte a rendere effettiva l’autonomia. Aveva consegnato queste azioni a due ddl, approvati dalla Giunta rispettivamente nel luglio e ottobre scorso. Gli stessi ddl a cui ha dato il via libera il Governo il 13 marzo scorso, a due giorni dalla sua scomparsa. Strano. Si saranno dimenticati di averli già approvati e che, invece, quello che si attendeva da mesi era che si trasformassero in legge? Ma, soprattutto, Tusa aveva chiaro come si debba fare un parco: il parere del Consiglio va acquisito, in sede ancora di “costruzione”, cioè di perimetrazione del parco, quando cioè ha un senso chiedere il parere (definito “pregnante”) di quest’organo tecnico-scientifico consultivo, e non in fase di decretazione definitiva, ovvero nel “successivo iter di indirizzo politico/amministrativo”, scrive Tusa nella relazione illustrativa del ddl, che non è altro che una presa d’atto dello step precedente, “un ridondante appesantimento dell’iter per una fase che non riveste alcuna componente relativa alle competenze di quest’ultimo”, così di nuovo l’Assessore. All’art. 1, comma 4 del ddl di Tusa questo secondo parere “ridondante” e “incoerente con la ratio dell’articolo stesso” (art. 20, l.r. 20/2000) viene soppresso.
Che sia così è d’altra parte dimostrato dai casi dei parchi realizzati prima del Governo Musumeci: fatta eccezione per la Valle dei Templi, nata ope legis, da Naxos (2007) e Selinunte (2013). Nel Convegno del 12 novembre che avevo organizzato a Siracusa sul tema dei parchi il povero assessore ebbe modo, in quella che sarebbe stata l’ultima occasione pubblica in riferimento al tema di cui stiamo parlando, di chiarire il suo pensiero e i suoi propositi, commentando il suo disegno di legge di riforma. Tuttavia l’architettura di questa riforma, sicuramente perfettibile, ma pur sempre il primo serio tentativo di ripensamento dell’intera materia, si scontrava con il ritmo serrato imposto dall’appuntamento elettorale con le europee. Non ci sarebbe stato più tempo per andare per il sottile. Il resto della storia è quella che le ho raccontato prima, con Musumeci a cui si è offerta l’irripetibile occasione di dare lui direttamente attuazione, nella qualità di Assessore ad interim dei BBCC, all’indirizzo politico – fare i parchi – dettato in quanto Presidente della Regione.
Come si sente di concludere?
La strategia del gambero è il titolo di un romanzo (Feltrinelli, 2017) di Piero Colaprico, l’inventore del termine “tangentopoli”, che ha per protagonista un ex agente per la sicurezza dello Stato finito in prigione “per aver voluto salvare con tutti i mezzi, soprattutto quelli illeciti, l’ostaggio di un sequestro”. I servizi segreti, però, lo fanno evadere perché solo lui è in grado di portare a termine una missione e per riuscirci “si è lanciato in una strategia sbagliata”. I parchi archeologici siciliani sono stati fatti camminando all’indietro come i gamberi: prima li si è istituiti e poi si penserà ai due passaggi che sarebbero serviti proprio per una corretta istituzione, la riforma del Consiglio BBCC e della legge 20. Dopo quasi venti anni, si è clamorosamente mancata l’occasione di sottrarre, è proprio il caso di dire, “con ogni mezzo”, a un tempo sospeso all’infinito quello che dovrebbe e deve essere il fiore all’occhiello dei beni culturali siciliani.
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