“Questo è solo un punto di partenza”. Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso in via d’Amelio, aspettava le motivazioni della sentenza del processo quater come il momento decisivo per la ripresa di altri procedimenti. In primo luogo quello del Csm che ha aperto un fascicolo per valutare le posizioni dei magistrati della Procura di Caltanissetta che non fermarono i depistaggi.
In varie occasioni Fiammetta Borsellino ha citato il procuratore del tempo Giovanni Tinebra, l’aggiunto Anna Maria Palma e i sostituti Carmelo Petralia e Nino Di Matteo. La sentenza dei giudici di Caltanissetta fa solo il nome di Tinebra, che tra l’altro è morto.
“Ma è chiaro – dice Fiammetta Borsellino – che questi magistrati avevano compiti di controllo e di coordinamento delle indagini della polizia giudiziaria. E, come risulta dal processo, ci furono disattenzioni che non possono passare inosservate. Si tratta di distrazioni incomprensibili, visto che altri due magistrati, Ilda Boccassini e Roberto Saieva, avevano subito segnalato l’inattendibilità del falso pentito Vincenzo Scarantino”. Per Lucia Borsellino su queste “distrazioni” va fatta subito chiarezza. Da alcuni mesi il Csm ha aperto un fascicolo che però, chiarisce, “è solo un fascicolo vuoto perché si aspettavano le motivazioni della corte d’assise di Caltanissetta”.
“Ora – aggiunge – le motivazioni ci sono. Mi aspetto quindi che il procedimento disciplinare vada avanti. Finora il Csm è stato purtroppo silente”.
Per il momento a Caltanissetta l’uncia indagine sul depistaggio riguarda gli investigatori
Guarda più al livello politico, invece, Salvatore Borsellino fratello del magistrato ucciso e da anni alla guida del movimento Agende rosse che chiede proprio di cercare quella agenza sparita. “Le chiedo se lei ha mai sentito un leader politico che prima delle elezioni abbia messo la lotta alla mafia come punto principale del suo programma, cosa che a mio avviso in Italia sarebbe indispensabile. Non è mai successo, non c’è stata mai una vera volontà di combattere la mafia migliorando e portando avanti quei provvedimenti legislativi che erano nati proprio grazie al lavoro di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Tutto questo non c’è mai stato, non c’è stata mai una volontà corale dei Governi che si sono succeduti dalla fine della guerra ad oggi di combattere veramente la mafia”. Lo ha affermato a Sky TG24 rispondendo alla domanda se ci sia stata negli anni, e oggi con l’attuale governo, la giusta attenzione alla lotta alla mafia.
Al governo in carica, Salvatore Borsellino chiede “due parole, verità e giustizia. Sono cambiate tante cose in quest’ultima tornata elettorale, ci sono tanti giovani e io dei giovani mi fido e spero che riescano a cambiare tante cose. Anche perché tanti di questi giovani io li ho incontrati nei meetup. Quando all’inizio, 20 anni fa, andavo in giro per l’Italia a parlare di verità e giustizia, erano solo loro a invitarmi, Luigi Di Maio era stato uno di quei ragazzini, veri e propri ragazzini, che mi avevano invitato a Pomigliano d’Arco per parlare di verità e giustizia”.
Alla domanda se ora proprio Di Maio sia “un interlocutore del Governo oggi in questo senso”, Salvatore Borsellino ha risposto: “Sì, io sicuramente spero che sia un mio interlocutore, come spero che sia un mio interlocutore quella Giulia Sarti che era stata anche lei un’attivista delle Agende Rosse e che oggi è presidente della commissione Giustizia alla Camera, quindi tante cose sono cambiate e tante spero che ancora cambino”.