Una sentenza tanto attesa quella del processo sulla Trattativa Stato-mafia a cui hanno fatto seguito numerose reazioni. A parlare i legali degli imputati ma anche associazioni che in questi anni sono stati a fianco dei magistrati ed anche esponenti politici.
“Aspettiamo di leggere le motivazioni però è chiaro che 12 anni di condanna la dicono lunga sulla decisione della corte. C’è però in me un barlume di contentezza, in un mare di sconforto. Sono contento perché so che la verità è dalla nostra parte. E’ un giorno di speranza. Possiamo sperare che in appello ci sarà un giudizio, perché questo è stato un pregiudizio”. ha detto l’avvocato Basilio Milio che difendeva l’ex generale dei carabinieri Mario Mori e gli ufficiali del Ros Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. Gli ufficiali sono stati tutti condannati per minaccia a Corpo politico dello Stato a pene pesanti. “Questo processo è stato caratterizzato dalla mancata ammissione di tante prove da noi presentate – ha proseguito – La prova del nove? Non sono stati ammessi oltre 200 documenti alla difesa e venti testimoni, tra i quali c’erano magistrati tra cui la dottoressa Boccassini, il dottor Di Pietro, il dottor Ayala”. “E’ stata una sentenza dura – ha concluso – che non sta né in cielo né in terra perché questi fatti sono stati smentiti da quattro sentenze definitive”.
“Dobbiamo capire questa sentenza che è inaspettata e in controtendenza con le assoluzioni di Mannino e Mori”. ha detto l’avvocato Giuseppe Di Peri che ha difeso l’ex senatore Marcello Dell’Utri. “C’è un periodo per il quale Dell’Utri è stato assolto che sarebbe quello precedente al governo Berlusconi, mentre per l’altro periodo ha riportato una condanna estremamente pesante di 12 anni – ha proseguito – E’ stato accolta la richiesta della procura. Ovviamente è una sentenza che impugneremo”. Dell’Utri era accusato di minaccia a Corpo politico dello Stato.
Di diverso tenore il commento dell’avvocato di Nicola Mancino: “Siamo molto soddisfatti, Nicola Mancino è stato assolto con la formula appropriata. Però questo non cancella le sofferenze maturate vissute in sette-otto anni di indagini e processo” ha detto l’avvocato Massimo Krogh “Mancino sarà felice ma questo non cancella le sue sofferenze – ha spiegato – ha sofferto da innocente. Io penso comunque che questo processo non si doveva fare”.
Una cinquantina di persone che fanno parte delle associazioni Agende rosse e Scorta civica hanno applaudito i magistrati del pool della trattativa Stato mafia – Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi – all’uscita dall’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. Tartaglia e Teresi, invocati dai cori delle Agende Rosse e Scorta civica, sono andati a salutare le tante persone che hanno atteso la sentenza. “Siamo tutti Di Matteo” hanno intonato e in tanti hanno gridato “grazie” ai pm.
“Sono felicissimo, questo è il traguardo della mia vita. Ma manca ancora la politica”. Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il magistrato ucciso nel luglio del 1992, commenta in un’intervista ad Affaritaliani.it la sentenza . “Stavo proprio scrivendo un messaggio a Nino Di Matteo per ringraziarlo per tutto quello che ha fatto e per tutto quello che ha dovuto subire lui e la sua famiglia per portare avanti questo processo. – aggiunge – Quasi non ci credo che finalmente è stata affermato che c’è stata questa trattativa. È stato affermato tutto quello per cui io combatto da anni. L’unico neo è l’assoluzione di Mancino ma di fronte a tutto il resto non riesco a descrivere il mio stato d’animo. Spero soltanto, a questo punto, di morire prima dell’appello. Così almeno se in secondo grado dovessero cambiare le cose me ne andrò via con questa sentenza che restituisce un pezzo di verità sulla trattativa e su mio fratello. Si tratta di un traguardo molto importante per la mia vita. È una vita che combatto per questo e finalmente una sentenza della magistratura mi ha dato ragione e afferma quello che fino a oggi era stato negato, irriso, vilipeso. Sono veramente felice”.
“Dopo cinque anni finalmente si scrive una pagina di verità e giustizia su uno dei periodi più oscuri della nostra Repubblica. La sentenza conferma che la trattativa c’è stata, un risultato importante nell’accertamento di primo grado”. Così la Rete di Libera contro le mafie, guidata da don Luigi Ciotti. “Il nostro pensiero va ai tanti familiari delle vittime innocenti delle mafie consapevoli che la sentenza certamente non ripaga le loro ferite e il loro dolore. Questa sentenza invita tutti a continuare ad impegnarci sempre di più con corresponsabilità e maggiore consapevolezza per liberare il nostro paese dalle mafie e dalla corruzione. Libera si è costituita parte civile del processo e ha seguito tutte le udienza per stare vicino ai magistrati, non li abbiamo lasciati soli perché non si costruisce giustizia senza la ricerca della verità”, conclude Libera.
Il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, rispetto alle notizie inesatte pubblicate da alcuni mezzi di informazione, precisa che: “L’emendamento che sta preparando la Presidenza dell’Ars non prevede in alcun modo di raddoppiare il budget dei deputati per i portaborse. Quelle apparse sulla stampa di oggi sono ancora una volta interpretazioni strumentali”.
“La norma che stiamo predisponendo permetterà – aggiunge Miccichè – di salvaguardare i ‘cosiddetti stabilizzati’ di Palazzo dei Normanni che, con il loro lavoro, hanno consentito in questi anni ai singoli deputati di espletare la loro attività legislativa, ma soprattutto consentirà una riorganizzazione degli uffici parlamentari e il risparmio di oltre 2 milioni di euro all’anno, per un totale di 10 milioni nel corso dell’intera legislatura”.
“In che modo riusciremo a far questo? Subito detto – spiega il presidente dell’Ars -. L’emendamento che arriverà in Aula prevede la cancellazione dei D6 (nuovi collaboratori esterni ‘assunti’ quest’anno) che costano 4 milioni e 100 mila euro all’Ars. La norma in esame dimezza il budget a disposizione di ogni deputato per i collaboratori esterni che non avrà più 58 mila euro ma la metà, 29 mila, per pagare tutti i propri collaboratori che lo aiutano a svolgere l’attività parlamentare, e che verranno retribuiti in base alla mansione e alla professionalità. L’altra metà del budget (circa 2 milioni) che erano stati stanziati per i D6 verrà, quindi, risparmiata”, conclude Miccichè.
“La Sentenza pronunciata dalla Corte di Assise registra una sostanziale convalida dell’impianto
accusatorio prospettato dalla Pubblica accusa di Palermo”. Lo afferma l’avvocato Ettore Barcellona, legale del Centro Studi ed Iniziative Culturali Pio La Torre che si è costituito parte civile.
“Dopo quasi cinque anni di istruttoria dibattimentale, durante la quale è stata vagliata una enorme mole di elementi di prova – aggiunge – la Corte, pur con alcuni limiti temporali, ha riconosciuto provate quelle articolate condotte poste in essere in tempi diversi e da soggetti diversi che sono state definite convenzionalmente come Trattativa Stato – mafia”.
“Non solo, quindi, una mera ricostruzione storica – peraltro importantissima – come era stata definita da alcuni autorevoli detrattori del processo, – osserva Barcellona – ma la riconosciuta sussistenza di condotte di reato e dei loro autori. Riconosciuta, inoltre la piena legittimità della richiesta di risarcimento del Centro Pio La Torre come di Libera e dell’associazione vittime della strage dei Georgofili che fin dall’inizio della vicenda giudiziaria – conclude il legale di parte civile – hanno sostenuto e creduto nell’immane lavoro dei Pubblici ministeri e la cui presenza nel processo dalla parte dell’accusa ha rivestito anche una importanza simbolica di rilievo”.
“La trattativa Stato-mafia c’e’ stata. Con le condanne di oggi muore definitivamente la Seconda
Repubblica. Grazie ai magistrati di Palermo che hanno lavorato per la verita”. commenta il capo politico del M5S Luigi Di Maio in un tweet.
“La condanna di Mori, Subranni, De Donno e Dell’Utri senza prove – attacca Sgarbi – è un insulto allo stato di diritto. Il collegio giudicante ha accolto come prove i teoremi dell’accusa. Il processo ha celebrato il tentativo di ricostruire una storia che non c’è stata, in perfetta contraddizione con gli atti degli imputati.
Sono certo – aggiunge Sgarbi – che la corte d’appello rovescerà questa assurda sentenza che umilia chi ha combattuto la mafia e catturato Riina. I fatti non sono opinioni”
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