“Cosa nostra continua ad esercitare il suo diffuso, penetrante e violento controllo sulle attività economiche, imprenditoriali e sociali del territorio; se negli anni precedenti il dato statistico aveva mostrato qualche cenno di diminuzione va sottolineato che nell’anno in corso le denunce sono state ben 151 a fronte delle 65 e 69 dei due anni immediatamente precedenti. A livello distrettuale quindi si registra un aumento di ben il 132%”.
A lanciare l’allarme mafia è Matteo Frasca, presidente della corte d’appello di Palermo che, nella sua relazione sullo stato di salute della giustizia nel distretto, che verrà illustrata domani durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, dedica ampio spazio all’analisi del fenomeno mafioso.
Nella relazione Frasca riporta i risultati delle indagini condotte dalla Dda di Palermo.
“Si deve affermare che la morte di Riina ha contribuito ad accelerare i processi non conflittuali di riorganizzazione dei vertici dell’organizzazione – spiega – che probabilmente, anche se con tempi più dilatati, si sarebbero in ogni caso verificati, perché conformi alle esigenze strategiche della stessa”.
Frasca parla di uno “stato di attesa della morte di Riina, quasi di impazienza, diffusa in una certa frangia di cosa nostra che voleva riorganizzarsi” e fa riferimento all’indagine della Procura che ha svelato il piano di ricostituire la commissione provinciale.
“Viene confermata l’elevata resilienza delle strutture organizzative della mafia palermitana, che, secondo criteri di comune buon senso, a fronte della costante ed efficace pressione esercitata dalla magistratura e dalla polizia giudiziaria, apparirebbe improbabile, ma che e’, invece, una realta’ piu’ volte verificata.
Sarebbe, pertanto, un errore gravissimo sottovalutare il potenziale criminale dell’organizzazione”, si spiega nella
relazione che sottolinea come si debba “continuare il processo di logoramento della forza militare, territoriale, economica e politica di Cosa nostra”.
Secondo il presidente della corte, nell’anno in corso la “pressione giudiziaria sui clan ha raggiunto la massima intensita’: ogni mese, di regola, vengono eseguite alcune decine di misure cautelari detentive”.
“L’efficacia del contrasto sarebbe notevolmente incrementata – conclude Frasca riportando i dati della Procura di Palermo– se i tempi di decisione del gip non fossero, per motivi eterogenei ma soprattutto per carenza di magistrati e di personale amministrativo eccessivamente dilatati”.